VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
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Direttore: Emilio Piccolo




Sans passion il n'y a pas d'art

Le carte di Bartleby
Alexanderplatz





Un tempo il bestiame era condotto, in occasione della fiera, in una piazza più o meno grande, dove forse avrebbe trovato chi, partendo dalla convinzione che, quando sei tu ad acquistare, il cavallo che stai comprando è mulo, e quando sei invece tu quello che vendi,  il mulo è un cavallo, si sarebbe portato a sera, nella stalla, un animale in grado di soddisfare le esigenze, minime e massime, che ne avevano consigliato l'acquisto. In quella piazza, prima o poi, sarebbe passato un furfante vestito da imperatore e con il pennacchio in testa (cioè uno di quelli che dettano la storia agli storici) che a quella avrebbe dato immancabilmente un nome, che spesso è solo flatus vocis, e ancora più spesso flatus ventris. Ma oggi che gli imperatori si aggirano sul pianeta senza pennacchi in testa e hanno imparato che dei poeti e dei filosofi si può fare a meno, ma non di chi, usando le loro parole, se ne va in giro a raccontare al mondo che la felicità la puoi comprare al supermercato di turno; oggi che il pio bestiame di quando Berta filava non infonde più nei nostri cuori né calore né sentimento e ben altri ovini, suini, e bovini ci tocca di incontrare nelle piazze virtuali (e non) in cui ci induce ad aggirarci il nostro (ancora per poco) incoercibile istinto al nomadismo; oggi che siamo tutti convinti che il mercato rende liberi e si rischia di apparire (ed essere) di quelli che lodano il tempo antico e sono estranei al presente; oggi forse non è inutile ricordare che nelle piazze - virtuali e non - che portano il nome di imperatori, furfanti con il pennacchio in testa, e, perché no, anche quello di nostro zio, c'è ancora, e più che mai, bestiame da vendere e comprare (cavallo o mulo a seconda del ruolo), da portare poi a sera davanti ad un schermo al plasma o nel megastore più vicino, perché dimentichi, una volta per tutte, i sogni ormai non più di moda di quel vecchio ebreo-tedesco con la barba bianca che s'era convinto, a furia di studiare la storia, che solo se ovini, bovini e suini di tutto il mondo (una moltitudine in-calcolabile e in-calcolata) la smettono una volta per tutte di belare, muggire e grugnire e imparano, come voleva il gobbo maligno, l'arte tutta umana del parlare, e del pensare, sarà possibile, forse, che le piazze del pianeta non siano più intitolate a imperatori e furfanti con il pennacchio, ma siano solo e semplicemente lo spazio (anonimo e tutto nostro) in cui andare a raccontare, a chi ci capita di incontrare, la nostra sofferenza di esistere, la nostra felicità di vivere.

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