VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
Electronic Center of Arts

Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art

Eidola
Sonora
A cura di Emilio Piccolo


Demetrio Stratos
Milleuna
Piéce per danza di Valeria Magli

   
Le Milleuna
Per Valeria Magli (Nanni Balestrini)
Le Milleuna (Gigliola Nocera)

2. Per Valeria Magli (Nanni Balestrini)

Pensare a Demetrio Stratos significa oggi pensare ai magici e terribili anni 70, gli anni delle lotte e delle speranze, gli anni degli entusiasmi e delle sconfitte.
Anni in cui tutto era messo in gioco, bruciato e perduto, vissuto per sempre, irripetibile
e indimenticabile. Anni di amore e d'odio, di passione, d'ironia, d'intelligenza, di certezze e di disperazioni, vissuti col fiato in gola, fino all'ultimo respiro. Anni in cui la vita e il mondo cambiarono, ebbero nuove forme e colori, nuove musiche e nuove voci.
E Demetrio fu una delle nuove musiche e delle nuove voci di quegli anni, in Italia certo la più bella, la più forte e la più amata.
Quegli anni morirono quando Demetrio scomparve nel giugno 1979, mentre le prigioni si riempivano di giovani e in Italia scompariva la gioia e la speranza, l'entusiasmo e i colori e il respiro. li respiro di Demetrio è rimasto nel nastro magnetico di Milleuna, lo spettacolo che pochi mesi prima della sua morte fu interpretato a Milano da Valeria Magli. E questo rende possibile ancora oggi, a dieci anni di distanza, di rivivere la sua voce inimitabile, distolta per una volta dal suo impiego musicale, dal canto o dalle sperimentazioni fonologiche. Milleuna è stata realizzata per la rassegna Sexpoetry organizzata dal teatro Out Off, ed è nata con un lavoro di stretta collaborazione fra Valeria Magli, Demetrio e me.
II mio compito è consistito nella preparazione del testo e dello schema dell'azione. Il testo si compone di cento parole, tutte che iniziano con la lettera "S" e tutte cariche di qualche connotazione o allusione sessuale. Per evitare ogni tentazione narrativa o interpretazione realista, le parole si susseguono in ordine alfabetico. Di questo teso, Demetrio ha inciso cinque diverse letture, ognuna in crescendo di intensità sonora e di ritmo, che formano la prima parte del lavoro. La seconda parte è speculare della prima, e dunque decrescente nell'intensità sonora e nel ritmo, fino a tornare nella posizione iniziale.
Si hanno così due volte cinque serie di cento parole ognuna, per un totale di mille parole, a cui si aggiunge, milleunesima, la ripetizione della parola iniziale, come per alludere alla possibilità di aprire un nuovo ciclo. Sulle cinque serie base, Valeria Magli ha costruito cinque quadri caratterizzati ognuno da una diversa figura mimica o da un diverso oggetto scenico: un ombrellino, una palla, un cappello a bombetta, delle ali d'argento, una sedia.
Lo spettacolo è immerso nell'oscurità, su ogni parola pronunciata dalla voce di Demetrio, il corpo di Valeria appare in un lampo di luce, immobilizzato come un tableau vivant. Anche i quadri visivi si ripetono speculari nella seconda parte, fino a formare milleuna pose diverse. Demetrio Stratos non ha mai visto questo spettacolo. E noi siamo rimasti per sempre orfani della sua voce, del suo sorriso e del suo fascino profondo.
Ma ci ha lasciato qualcosa di prezioso e irripetibile che non ci abbandonerà mai.

3. Le Milleuna (Gigliola Nocera)

Se è vero che ambigua è l'arte del "dire", e che con tale ambiguità han fatto i conti tutti, dagli antichi rétori ad oggi, è vero che Demetrio Stratos è stato di questa ambiguità esploratore solitario, ma forte ed audace quant'apri mai. Le Milleuna (e già mi chiedo: come definirlo, questo testo?) nasce esso stesso all'insegna di un'identità volutamente ambigua: non perché negata, ma perché multipla, stratificata, diversa. Sappiamo già che Le Milleuna, testo da "dire", si origina da una sintesi quanto mai unica di tre diverse funzioni: la scrittura, il suono, il movimento. Tre diverse funzioni che sono tre diversi modi di articolare il linguaggio, la comunicazione: cento parole scritte da Nanni Balestrini su richiesta di Stratos che si moltiplicano, nel "dire" di Demetrio, fino a diventare dieci volte tanto, fino a diventare mille e una parola; diverse tutte, tra loro, tranne che per l'iniziale lettera "s", tranne che per quell'unico filo che le lega tutte in un sibilo, un sospiro, un sussurro senza sosta. Accanto ed intorno a mille e una parola, a mille e un modo di "dire", ecco mille e un modo sperimentati da Valeria Magli per muovere il proprio corpo di ballerina.
Questa la sintesi, questo l'unicum che Le Milleuna ha rappresentato per noi e per tutti coloro che dall'anno della sua creazione, il 1979, pochi preziosi mesi prima della morte
di Stratos - hanno assistito alla sua performance nei teatri di tutto il mondo.
Ma adesso Le Milleuna è tutto qui, è voce sola, è solo dire: e proprio a partire da questo bisogna rifare i conti (sempre aperti, come con tutta la produzione di Stratos), con la apparente frantumazione che questo testo subisce nel suo farsi solamente suono, o pronunciamola, la parola disco. Ed è qui, finalmente, che a mio parere si verifica la felice liberazione della ambiguità: la voce di Demetrio, che ripete e moltiplica in parabola sonora le cento parole di Nano-i Balestrini, e che non è più accompagnata da mille corpi di Valeria Magli, non è superstite di un trittico felice, non è naufraga di un viaggio in compagnia, non è relitto. La voce di Demetrio che scandisce Le Milleuna, testo nato già in partenza come audace impresa trinitaria, sa e vuole essere qui audacemente una e trina.
Lo scopriamo adesso, grazie a questo disco, e ci si apre dinanzi un abisso inquietante in cui l'ambiguità si fa ricchezza, e la voce - il suono, il "dire" - si fa con rinnovata impetuosità scrittura e movimento. Ancor più che lo spazio magico di un palcoscenico teatrale che Stratos, Balestrini e Magli avevano voluto quasi disadorno affinché su di esso grazie a pochi oggetti e a semplici e reiterati colpi di luce - spiccassero il suono
e il movimento, è l'astratto palcoscenico di un disco che ci fa scoprire la capacità diabolica della voce di Demetrio Stratos. Stratofonia, voglio chiamarla, e dire che essa sa essere suono che si fa corpo, corpo che si muove, e che muovendosi crea e semina la traccia di una scrittura che vive a sua volta in un nuovo suono. Così per mille e una volta, in un giro senza fine che non si riveste di alcuna voluta ossessività alla Erik Satie, ma che si fa incanto fabulatorio come quello di Shéhérazade. E chissà che per Stratos la figura antica e leggendaria, venuta da un ignoto oriente, di Shéhérazade che narra e narra per non morire, non abbia costituito
un punto di riferimento profondo, forse un esorcismo inconscio: un'ennesima S da cui le mille parole di Balestrini, tutte inizianti per s come sesso, prendono nome e vita.
Sesso e dunque Eros.
Ed è allora nell'infinita iterazione di una parola che si fa Eros che Shéhérazade e Stratos trovano forse la chiave per esorcizzare Thanathos, e non morire più. A questo punto è la Voce che sa essere motore trinitario, che sa fare delle allitterazioni di Balestrini un gioco di sussurri tanto quanto di impetuose sonorità, e creare un corpo di ballerina che salta, e sale, e scende, e scivola dentro e tra le parole non tralasciando di essere corpo anche quando si fa silenzio. Sì, Le Milleuna è un grande corpo sonoro, erotico soprattutto perché eretico, e per il quale nessuno vi porgerà amabilmente alcun lasciapassare.
Forse Le Milleuna è Stratos, che ci consegna sè stesso attraverso un gioco rischioso, attraverso un percorso labirintico, ma incantatore e sinuoso, come quello della lettera S dal corpo di sirena.


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