VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
Electronic Center of Arts

Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art


Eidola
Sonora
A cura di Emilio Piccolo

     Vladimir Majakovskij
Maria
(voce: Carmelo Bene)

   
Maria! Maria! Maria!

Lasciami entrare Maria!
Non posso restare in istrada!
Non Vuoi?
Tu aspetti
che con le guance infossate,
assaggiato da tutti,
insipido
io venga
a biascicar senza denti:
«sono oggi
mirabilmente onesto».

Maria,
vedi:
ho già cominciato ad incurvarmi.

Nelle vie
gli uomini bucheranno il grasso nei loro gozzi a quattro piani,
sporgeranno gli occhietti
lisi da quarant'anni di logorio,
per ammiccare l'un l'altro ghignando
che fra i miei denti
- di nuovo! -
è il panino raffermo della carezza di ieri.

Zuppo ladruncolo stretto dalle pozzanghere,
la pioggia, spruzzando singhiozzi sui marciapiedi,
lecca il cadavere delle vie tartassate dai ciottoli,
e sulle ciglia canute
- si! -
sulle ciglia dei ghiaccioli
gocciolano lacrime dagli occhi
- si! -
dagli occhi abbassati delle grondaie

Succhiò tutti i pedoni il muso della pioggia,
mentre nelle vetture luccicava una fila di pingui atleti:
scoppiavano certuni,
rimpinzati a crepapelle,
e attraverso gli spacchi stillava la sugna,
come un torbido fiume dalle vetture scolava,
insieme con un pane maciullato
la masticatura di vecchie cotolette.

Maria!
Come ficcare una dolce parola nel loro orecchio coperto di grasso?
L'uccello
va mendicando con una canzone,
canta,
affamato e squillante,
ma io sono un uomo, Maria,
semplice,
scatarrato dalla notte tisica nella sudicia mano della Presnja.

Maria vuoi un uomo simile?
Lasciami entrare Maria!
Con lo spasmo delle dita stringerò la gola metallica del campanello!

Maria!

Diventano feroci i pascoli delle strade.
Sul collo come una scalfittura le dita della calca.

Apri!

Fanno male!

Vedi? Sono confitti nei miei occhi
gli spilli di cappelli femminili!

Mi ha lasciato entrare.

Bambina!
Non ti spaurire
se sul mio collo taurino
seggono come un'umida montagna donne dal ventre sudato:
gli è che attraverso la vita io trascino
milioni di enormi casti amori
e milioni di milioni di sudici amorucci.

Non ti spaurire
se ancora una volta
nell'intemperie del tradimento
mi stringerò a migliaia di vezzose faccine.
"Adoratrici di Majakovskij!":
ma questa è davvero una dinastia
di regine salite al cuore d'un pazzo.

Maria più vicino!

Con denudata impudenza
oppure con un pavido tremore
concedimi la florida vaghezza delle tue labbra:
io e il mio cuore non siamo mai vissuti fino a maggio,
e nella mia vita passata
c'è solo il centesimo aprile.

Maria!
Il poeta canta sonetti a Tiana,
mentre io,
tutto di carne,
uomo tutto,
chiedo semplicemente il tuo corpo,
come i cristiani chiedono:
"Dacci oggi
il nostro pane quotidiano".

Maria, concediti!

Maria!
Io temo di scordare il nome tuo
come un poeta teme di scordare
qualche
parola nata fra i tormenti delle notti,
uguale per grandezza a Dio.
Il tuo corpo
io saprò custodire ed amare
come un soldato,
stroncato dalla guerra,
inutile,
ormai di nessuno,
custodisce la sua unica gamba.

Maria,
Non vuoi?
Non Vuoi?

Ah!

Ed allora di nuovo,
afflitto e cupo,
io prenderò il mio cuore
e, irrorandolo di lacrime,
lo porterò
come un cane
porta
nella sua cuccia
la zampa stritolata dal treno.

Con il sangue del cuore allieterò la strada,
fiori di sangue si incolleranno alla polvere della mia giubba.
Mille volte danzerà come Erodiade
il sole attorno alla terra
cranio del Battista.

E quando avrà finito di danzare
il mio numero di anni,
d'un milione di gocce di sangue si coprirà la traccia
che mena alla casa di mio padre.

Uscirò fuori,
sudicio (per le notti trascorse nei fossati), mi metterò al suo fianco,
mi chinerò
per dirgli in un orecchio:
Ascoltate, signor Dio!

Non vi dà noia
inzuppare ogni giorno
nella composta di nuvole gli occhi ingrassati?

Su via, vediamo insieme
di fare un carosello
sull'albero della conoscenza del Bene e del Male!
Onnipresente, tu sarai in ogni armadio,
e a tavola porremo vini tali
che anche all'accigliato Pietro Apostolo
verrà voglia di ballare un ki-ka-pù.
E in paradiso di nuovo ospiteremo le Evucce:
basta che tu dia un ordine
e questa notte stessa
ti porterò in gran frotta
da tutti i viali le ragazze più belle.
Vuoi?

Non vuoi?
Scrolli la testa capelluta?
Aggrondi le ciglia canute?
Tu pensi
che quello con le ali
che ti sta dietro
sappia cosa sia l'amore?

Anch'io sono un angelo; io lo ero,
guardavo negli occhi come un'agnello di zucchero,
mo non voglio più offrire alle giumente
vasi plasmati nella farina di Sèvres.

Onnipresente che hai inventato un paio di braccia
E hai fatto sì che ciascuno
Avesse una sua testa,
perché non hai inventato una maniera
di baciare, baciare e ribaciare
senza tormenti?!

Pensavo che tu fossi un gran Dio onnipotente,
e invece sei un insipiente, un minuscolo deuccio.
Vedi, io mi curvo,
di dietro il gambale
traggo il trincetto.

Alati furfanti!
Rannicchiatevi in paradiso!
Rabbuffate le vostre piumette in uno sbigottito brivido!
Te, impregnato d'incenso, io squarcerò
di qui sino all'Alaska!

Non mi fermerete.
Sia che mentisca
o mi trovi nel giusto,
non potrei essere più calmo.

Guardate:
hanno di nuovo decapitato le stelle,
insanguinando il cielo come un mattatoio!
Ehi, voi!
Cielo!
Toglietevi il cappello!
Me ne vado!


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