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Poetry Wave

Recensioni e note critiche

Ada Negri: I Canti dell'Isola
di Sergio Lambiase



Ada Negri, I Canti dell’Isola, Edizioni La Conchiglia, Capri 2000
laconchiglia.capri@libero.it

Nessuna isola al mondo forse è stata più di Capri frequentata dalla letteratura e dalla poesia.
E bene hanno fatto le Edizioni La Conchiglia a ripubblicare i Canti dell’Isola di Ada Negri (1870-1945)
con una bell’introduzione di Elio Pecora.
La prima edizione dei Canti risale al 1923.
L’Isola è stata “riscoperta” in quegli anni da Marinetti e dalla brigata futurista.
Enrico Prampolini espone 24 tele che valgano come “ricostruzione futuristica di Capri” e tutta l’isola sembra in balia del credo avanguardistico. Ada Negri si mantiene al di qua delle suggestioni marinettiane, semmai guarda ancora al D’Annunzio di Alcyone, ma con esiti originali
e di grande “fisicità”. Dice Elio Pecora: “Nell’isola [Ada Negri] tocca il suo stesso corpo; v’intende
la sua stessa esistenza come alternanza di paura e di ebbrezza, di lutto che acceca e di canto che medica, consola”.
La prima raccolta di poesie di Ada Negri risale al 1892.

1. Il mare azzurro
2. L’offerta delle rose
3. Notte di Capri
4. Il pergolato di glicini
5. La sofferenza

1. Il mare azzurro

Ho male di luce, ho male di te, Capri solare.

Oh, troppo bella, oh, simile all'onda sul capo del naufrago.

Ma forse ai miei occhi non sei che un raggiante capriccio del prisma,

una dorata nuvola emersa dal fiato del mare?

No. Sento il tuo cuore che vive, che batte, in un cavo di roccia

del Pizzolungo; e guardia dal mare gli fanno i Ciclopi

che mai non conobbero il sonno; e dal monte le lance

dell'àgavi, e, immote, da torri di rupi, pupille di falchi.

Guizza ancor lungo i fianchi dei tre Ciclopi, e sfavilla

la lucertola azzurra che nacque al tuo nascere, o Capri.

Sacra al tempo, ella è maga, sovrana del sortilegio glauco.

Perfida come l'acqua che intorno agli scogli in cristalli

multisplendenti s'indura, dissolti da un tuffo di remo,

s'io l'afferro mi sfugge e m'irride, lasciandomi agli occhi il barbaglio.

Azzurra è la tua follia, Capri, nube del mare.

Azzurro il canto eterno di che tu colmi i cieli.

S'io debba morire di te, dammi la morte azzurra.
 

2. L’offerta delle rose

Chi fu mai, che dall'alto del muro mi gettò tre rose vermiglie?

Miravo, passando, il rosaio scalare il muro come un amante

dai mille cuori per mille amori, cuori malati di troppo sangue:

ed ecco, una mano dall'alto mi gettò tre rose vermiglie:

per la fede, per la speranza, per la gioia che ancóra non so.

Fanciulli dell'Isola, in grazia, cercate per strade, per boschi, per campi

colui che dall'alto del muro mi gettò tre rose vermiglie:

conducetelo a me, ch'io lo veda, e gli dica ch'egli è mio fratello:

e mangi con lui pane intriso di sole, e beva acqua di libertà.
 

3. Notte di Capri

Così basse le stelle sul capo, che par mi vogliano incoronare.

Se alzassi a pena - per gioco - la mano, forse le potrei toccare.

Ma non ho forza d'alzar la mano: l'aria sa troppo di rose bianche.

Rose e stelle si guardano, fisse, con occhi immensi di donne stanche.

C'è così poco fra loro: un po' d'aria: solo un po' d'aria; e non posson baciarsi.

C'è così poco fra me e te: un po' d'aria: solo un po' d'aria; e non posso baciarti.

Tu sei nascosto; ma la tua vita chiama nell'ombra i miei sensi veglianti.

Il mare è nascosto; ma il suo respiro empie la notte di tutti i miei pianti.
 

4. Il pergolato di glicini

Solaria, il vento del sud scrolla e devasta il tuo pergolato di glicini.

Ne piombano a terra i corimbi, chicchi violetti

di grandine, pesanti d'un peso di morte.

Così a te traboccan dagli occhi, nell'ora del torbido amore, le lacrime;

ma non si raccoglie il pianto d'amore, non si raccolgono i fiori caduti del glicine.
 

5. La sofferenza

Non credevi soffrire così donna ancora così,

col torbido cuore pesante entro il torbido corpo.

Con la certezza che il male è senza rimedio, e quasi ne godi.

Con lo spavento che altri lo sappia, e ti possa irridere.

Oh, tanta vergogna ne avresti, che meglio esser morta.

Ma - o donna - orgoglio è in te di soffrire ancóra così,

perché un tale dolore è dolore di giovinezza:

e tu sei pronta alla morte: alla rinunzia, no.


Indice recensioni e note critiche
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Immagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


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