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Poetry Wave

Recensioni e note critiche

Elio Grasso: La prima cenere
di Antonella Anedda


Elio Grasso, La prima cenere.  Conservatori del Mare, Edizioni dei laboratorio 1994

“Una città e il suo difficile silenzio, il suo deserto di piazze e di mare immenso e abbandonato.  Ne La prima cenere. Conservatori del Mare di Elio Grasso, Genova non è solo il luogo che custodisce ma l'orizzonte che schiude, la possibilità data alle parole di allontanarsi da se stesse, di essere, come leggiamo nell'ultimo, bellissimo pezzo in prosa dei libro, tenebre nelle tenebre, in un fondo assoluto come un quadro di Rothko.  Genova non è un orizzonte ma una città retta da fili invisibili, ed è la fatica dei traffici, la necessità di dare un nome alla perdita che la riempie di gente, di scambi e di parole.  Per questo mare, per questa città "ferrigna" di porto che come tutte le città di porto è insieme accoglienza e fuga, accasamento e distacco, chiuso dei cantieri e aperto del largo solcato dai traghetti, Elio Grasso ha scritto un libro tessuto di memoria e futuro, dove i versi, giustamente, sono il ritmo interno di un'unica epifania: la poesia come rintocco delle cose del mondo, benedetto come il tonfo dei ciabattini nel solco dei carruggi.  Perché è vero, "la vita non si perde"; perfino nella dissipazione della tragedia quotidiana è possibile serbare il tepore di un'immagine, afferrare "d'un fiato" la casa riscaldata di dicembre, i selciati sconnessi e umidi, l'odore di carburante e di rotaie.  Tutto il libro nasce da una meditazione sul tempo, più ieratica e astratta nella sezione in versi ("La prima cenere"), addirittura più lirica, fitta di oggetti e luci terrene nella sezione in prosa ("Conservatori del Mare").  "C'è una vera distanza fra i morti e i vivi?" si chiede Grasso, e la risposta si stringe nella frase di Yves Bonnefoy poeta in esergo al libro: "Le temp dort dans la cendre du feu d’hier", la cenere, come la neve in Char e di Celan conserva e anticipa, come il sonno, protegge la traccia di un fuoco di cui è ancora possibile trattenere il lampo, il breve conforto, la comunione. Così custodia e perdita si coniugano in un’”aria di estrema difesa", il tempo con l'esattezza degli spazi: i mattoni sconnessi e bruni delle Mura delle Cappuccine, la luce sfolgorante di una notte fiorentina strappata al quotidiano e al quotidiano riportata con sottomessa emozione.  Come nel poemetto The Man witb tbe Blue Guitar di Wallace Stevens, poeta che Grasso ha non a caso tradotto, anche in questi testi le cose sono "as they are", apparenze così abbaglianti da non conoscere ombre, eventi resi assoluti dalla mancanza di eventi, "aria che ci trascende quali siamo" e ci consegna al nudo deserto della terra, all'incanto di una visione mortale: il cielo vivo, i nembi che sfavillano in tumulto, un respiro notturno...


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Immagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


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