Vico Acitillo 124
Poetry Wave

Recensioni e note critiche

Dicendo dal Dopo Duchamp nella poesia di E. Bonessio di Terzet
di Raffaele Perrotta



mi sìa concesso parlare della fraternità, fuori del mercato recensionistico che insozza
lo spirito libero. lo sfondo del dicendo le due sillogi di Ettore Bonessio di Terzet «lo splendore
del vuoto» e «la bagnante dorata e altri aforismi» ( non escludendo <grande frammento>
eo <las botellas rojas> ) costituenti la voce alta, ferma eppur in fuga, del discorso che,
nonostante accetti la trama sintattica, non ne delinea che lo smalto del taglio incisivo
e pressante interrompendosi "sul più bello" e aprendo oltre i confini del ritmo misurato
a ben altri confini celesti o altro che la nominanza del rammemoramento non dice
non potendo dire. applicarsi al contenuto o al messaggio, nel caso dei due volumi sopra titolati,
vorrebbe dire sostenere la tesi di chi si oppone ai processi immaginanti conseguenziali
alla forma mentis, come se stessimo ad attardarci all'ozioso dilemma Napoleone o Gance e Gance
o Napoleone; al contrario, con Bonessio di Terzet, ci fronteggia su campo?motore la logica intensiva dell'arte metafisica intensiosamente incapace di determinarsi e feticizzarsi ed estensivamente
in contrasto con i parametri dei prezzi stracciati del senso comune della brava anonima gente
che male?dice il 'pericolo' benigno dell'esperienza ad alto mare in sul principio dell'andare ad atto.
lettori della scansione bonessiana non è nemmeno concepibile avvistare il 'montaggio' delle parole
sia dello «splendore del vuoto» sia della «bagnante dorata», giacché le loro parole sono aperte
nel loro àmbito di parola, implosivamente; sicché polisemie a seguire polivalenze, come peraltro
si addice a eloquio filtrato e rarefatto. dovremmo infatti imparare a rilevare lo splendore
del provvido significante passando per l'aereità della tautologia: io sono così come io sono,
senza che ontologia prefabbricata illustri nebulosamente il tondo patrimoniale. imperatività
o i senza?limite del montaliano girasole impazzito di luce imprevedibile o dell' alba nell'incendio
che le è congeniale, e a celebrarsi i confini da superare di nazione in nazione e ben a sussistere
la variazione della temporalità metatemporale, il cui categorismo è del tutto intessuto nella stoffa scarlatta, comunque accesa e divampante, e che fu una volta exemplum affinché si contenesse
la plausibilità scientifica nella contrada del detto tinalmente superiore alla tassonomia,
la classificazione che trova anche il Nostro suo acerrimo nemico.
 Ettore Bonessio di Terzet è lessematico ad apertura di parola; il lessema: che si fa prestigio
di parola, di una e di una e di una parola al confine dello sconfinamento, sì che al complesso
succedono i plessi?lessema di parola. in sì modo e maniera (non moda e non manieristica)
Bonessio di Terzet è nobile funzionario di singole parole nella lingua traversantesi e travasantesi,
prezioso scintillamento, splendida isola nonché beata, in?summa di singole parole, universo
della diversità in parola allontanandosi il cassare. l’applicazione della statistica lungo la catena
del significante suonerebbe non amorfa, non arida, ma dato d'onore al timbro dell'incessante
parlarsi in parola di - una -  parola e incatenamento-incantesimo di parole sempre in ? una
e cangiante ?parola. farfalle, sì, le parole da Ettore Bonessio di Terzet, ma farfalle che si acclimatano
sui fiori del giardino sbocciante aure di dispiegamento semantico, e dove il significato è l'opera
della testualità integra. a sognare non c'è sempre tempo; qui-e-ora il sognare del sogno?intelligenza.
 i nostri eroi? vero, Ettore?  andremo a cercarli agli estremi dell'areté paradigmatica avventurandoci
in buona ventura, là dove si giunge inspiegabilmente. cioè per fatalità, luogo privilegiato che ci fa dire
che siamo giunti dove si doveva giungere? mèta aurea?, nel rimpatrio, perché lo spazio retorico o/e poietico è da viversi alla sonanza e prestanza del fuocale. l'attorialità? sui generis del 'genere'
Teatro? non è fossilizzabile né nel personaggio specificamente del dramma né in quello specificamente storico e accidentale. e siamo a quel dopo Duchamp lapidariamente programmato e stabilito a venire d'arte ars augustata nella seconda delle due sillogi. i silenzi si alternano agli scambi degli scacchi
(del Duchamp 'giocatore di scacchi' e del Wittgenstein delle regole da giocare del Bergman al settimo sigillo del cavaliere in gioco di lotta spasmodicamente con la morte), la vita e la metatora (ma si dovrebbe, dopo? sempre un dopo!? Aristotele, accerchiare, nel corno della lettera da non violare,
la figura chiamata per l'appunto 'metafora') si approssimano alla loro unione di simbolo
(letteralmente) e non dell'estetismo, si badi, piuttosto dell'estetica, la cui dottrina o scienza
o teoria è professione al gioco degli scacchi (o con gli scacchi?).
(Ettore Bonessio di Terzet è professore di Estetica all'università di Genova: ben sanno i suoi
studenti, ed io che collaboro con lui nella disciplina della istituzionalità, come va a riempirsi
il contenitore 'estetico' quando sorge la problematica 'in vivo' d'esami: essa si spazia dall' etica generalista alla filosofia generale comprendendo i fenomeni psico?sociologici assunti al rigore ermeneutico; ciò è quanto, mi pare di poter dire, distingue la didattica e-ducativa di Ettore Bonessio
di Terzet). e credo di poter dire che il cómpito assegnatoci dal nostro autore sia proprio nella considerevole scritta del dopo Duchamp, dove reale si fa ogni cosa? della Cosa che cosa non è?
(ché reificazione misconosce l'accoppiata Duchamp-Bonessio di Terzet), la non-cosa dislocata
attendendo a segno, il linguaggio che ne parli non alterando la posizione verginale dei microcosmi,
e per vocabolaristica di poeta con mano casta e robusta nel respiro delle parole. chiedere alla
Poesia di questo suo scolaro la conta dell'ob-jectum? che, come tale, è privo di proprium?
è come chiedere alla forza primordiale 'in forma' di documentarne il primitivismo indisciplinato
di brutalità. il destino non ammette compravendite, non fissazioni, non precostituzioni:
la costituzione destinale è intravedibile nel córso della Storia che s'incarna ad posteros
in figure, traslati, immagini, la pletora delle stellazioni, ovvero la persona che si destina
agli occhi esterrefatti e attoniti; e ri?cominciando agl’istinti dell’alfabeto affinché sìa dono
all’ascolto verace delle falci lunari e non dell'ordinamento (parola?significato?senso che sappiamo
la palestra di Bonessio di Terzet non gradire), bensì la 'creatività' avente l'attitudine della stessa terra
al di là delle radici indicanti la deriva delle condizioni magnificamente obbligate alla fertilità di quell'informale bonessiaco che ànima il buono dell' amicizia con la foresta italica dei segni.

Indice recensioni e note critiche
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Immagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


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