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Poetry Wave

Recensioni e note critiche
 

Intervista a Luigi De Filippo
di Monica Citarella

A cento anni dalla nascita di Peppino De Filippo, si moltiplicano le iniziative in onore di quello straordinario talento comico che regalò tante emozioni al pubblico non solo napoletano, ma europeo. Peppino infatti non fu solo uno straordinario interprete della farsa nostrana, ma si distinse anche per le sue interpretazioni di Moliere e Pinter e tenne le sue rappresentazioni in Polonia, in Russia, in Ungheria. Lungo l'asse della tradizione che va da Petito a Scarpetta e ai De Filippo, un sottile fil rouge collega l'artista al teatro europeo d'avanguardia. E' questo uno degli spunti più interessanti venuti dal recente convegno multidisciplinare intitolato "Peppino De Filippo e la comicità del Novecento" organizzato da Giuseppina Scognamiglio e Pasquale Sabbatino dell'Università "Federico II". Al convegno che ha ricomposto i vari tasselli di una figura di artista a tutto tondo, contraddistinta da un originale impegno di scrittura, da una straordinaria versatilità attoriale, da un fine intuito musicale, da una raffinatezza lirica inaspettata, sono seguite numerose iniziative, tra cui il conferimento della cittadinanza onoraria di Meta al figlio di Peppino, Luigi. Un atto che ha voluto essere naturalmente anche un simbolico omaggio della città della penisola sorrentina al più giovane dei fratelli De Filippo. 
 
A un emozionato Luigi De Filippo abbiamo chiesto di ripercorrere alcuni momenti della vita artistica e, per quel che ci è concesso, affettiva del padre….

 

Un grande convegno universitario, un comitato per i festeggiamenti del centenario della nascita di Peppino De Filippo, tanto successo di pubblico, di giovani. Qual è stata la sua prima reazione a tutto questo?

"Sicuramente m'inorgoglisce questo riconoscimento seppure postumo all'arte di mio padre. Purtroppo è destino di tanti grandi che per vedere riconosciute le proprie qualità debbano prima morire. E' successo anche a Totò che dopo la morte è stato osannato, anche esageratamente, se vogliamo ".

Visto che lo ha citato, com'era il rapporto tra suo padre e Totò?

"Di grande stima reciproca, si conoscevano da quando erano giovanotti, avevano fatto la gavetta, anche se a teatro non hanno mai recitato insieme"

Nel cinema Peppino ha lavorato anche con Fellini. Cosa piacque di lui al regista romagnolo che lo scelse per "Le tentazioni del dottor Antonio"?

"Diciamo quella sua aria di perbenismo, che era in contrasto con la voglia che Fellini aveva di infrangere certi tabù ".

Venendo all'impegno di scrittura di Peppino, quali sono i testi che hanno maggiore carica innovativa?

"Indubbiamente Non è vero ma ci credo. Poi non dimentichiamo che Peppino ed Eduardo sono stati gli unici autori teatrali ad occuparsi della seconda guerra mondiale, Eduardo con Napoli milionaria e Peppino con Quelle giornate ".

Dal convegno organizzato da Pasquale Sabbatino e Giuseppina Scognamiglio dell'Università di Napoli è stato levato un appello affinché gli studiosi possano lavorare su documenti originali per realizzare finalmente un'edizione critica dei testi di Peppino, a cura della Federico II. Lei sottoscrive quest'iniziativa?

"Certamente. Anzi io stesso ho proposto di conferire una laurea honoris causa a Titina, Peppino ed Eduardo De Filippo per il contributo enorme che hanno dato alla diffusione della cultura napoletana nel mondo e l'iter è stato finalmente avviato".

Si è sempre discusso molto sulla divaricazione artistica e in generale del rapporto difficile che ebbero Eduardo e Peppino. Ma con Titina le cose come andavano?

"Il rapporto di Peppino con la sorella è stato molto affettuoso, costruttivo anche perché Titina essendo la maggiore dei tre cercava di mettere pace tra Eduardo e mio padre. Cosa che ho fatto anche io tante volte, provocando degli incontri, telefonando a Eduardo. I loro dissidi erano però soprattutto artistici e caratteriali ma in fondo c'era sempre un affetto fraterno che li legava".

Giuseppina Scognamiglio ha ricostruito alcune fasi importanti della frequentazione di Peppino De Filippo e Pirandello. Che ricordo aveva Peppino di questo personaggio?

" Ha sempre avuto una grande ammirazione per Pirandello. Ed anche soggezione perché oltretutto quando lo ha conosciuto aveva solo trenta anni e Pirandello invece era un sessantenne, addirittura un Premio Nobel, un Accademico d'Italia. Lui stimava molto mio padre, tanto che fu lui ad affidargli la traduzione in napoletano di "Liolà" quando fu rappresentata dai De Filippo. Del resto sono stati entrambi due grandi sia pure in modo diverso. Pirandello ha creato il teatro dell'apparire, dell'essere. Peppino aveva una comicità diretta semplice e nel contempo un'idea molto aristocratica della comicità, che in ultima analisi, si rifaceva alla tradizione della Commedia dell'Arte".

Chi è il vero attore comico dunque?

"Quello che ti fa ridere ma ti fa anche riflettere. Dietro la sua risata c'è amarezza, scontentezza della propria condizione umana, ci sono lacrime, dolore, rabbia ".

16 novembre 2003 
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Immagine:
Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


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