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Poetry Wave
 

Recensioni e note critiche
Carlo Cipparone, Strategie dell'assedio
di Raffaele Piazza


Carlo Cipparrone, Strategie dell’assedio
Edizioni Orizzonti Meridionali, Cosenza, 1999, pagg. 79, lire 15000

Testo dallo stile diretto ed efficace questo del poeta calabrese Carlo Cipparrone che dirige la rivista semestrale di poesia Capoverso della quale è uscito da poco il secondo numero. Strategie dell’assedio è caratterizzato da una forte connotazione narrativa attraverso la quale, l’adesione delle parole alle cose è quasi sempre puntuale, con rari scarti linguistici e semantici: il risultato di questa ricorrente sovrapponibilità di cose e parole, nell’affabulante e preciso tessuto che l’autore ci offre, si realizza e compie in immagini che sembrano scaturire l’una dall’altra, in un procedere per accumulo, anche se non sempre il poeta ci presenta segmenti in lunga e ininterrotta sequenza.

Al lettore si dà nella lettura un percorso da seguire, intrigante e molto scorrevole nello stesso tempo, cosa del tutto rara nella poesia contemporanea. La policroma e poliedrica varietà di rappresentazioni e di toni che la raccolta offre, si carica di valenze varie e chiaroscuri, per quanto riguarda i temi trattati e i toni, pur rimanendo una certa originalità nello stile dell’autore secondo il percorso stilistico coerente di cui si diceva.

Il titolo Strategie dell’assedio contiene in se stesso la chiave interpretativa e il filo rosso che sottende il significato del libro e ne porta in superficie la cifra: in un mondo, questo del nostro postmoderno, che vede l’essere umano tanto sballottato in una stabile alienazione, in un cerchio nel quale si viene oppressi da una assediante realtà ambientale, sociale e politica lacerante, nella quale si perdono spesso speranze non solo spirituali, ma anche legate alla scienza, al progresso e alla ragione, l’essere umano può avere diversi modi di reagire, realizzando appunto delle strategie verso una realtà che va un po’ stretta a tutti; così qualcuno, convinto che la vita non ha più un senso scompare: vedi l’architetto suicida, figura che Cipparrone sa rendere molto efficacemente nei suoi versi, attraverso una forte penetrazione psicologica; oppure si può reagire, accettando il materialismo e cercando di prolungare la propria esistenza come fa il pellicciaio ipocondriaco; a questa presenza incombente dell’assedio il poeta può salvarsi, fuggendo da una simbolica città fatiscente, per rifugiarsi nei nascondigli dell’anima che si potrebbero identificare proprio nello scrivere o nel leggere poesia, nell’interiorizzare in una sincera fiducia nel testo poetico, specchio traslante di occasioni della vita, della possibilità di esserci in un modo possibile e umano nel breve tragitto dell’esperienza della vita: tutto questo sottende, come non è difficile scorgere, una concezione quasi salvifica della poesia: /Per un po’ la mia anima assentandosi/ dal luogo dove mi trovo/ (capita spesso)/ e poi mordermi le labbra/ per farla tornare in me stesso/, presente dove fisicamente sono, / senza che gli altri se ne accorgano,/ riprendendo il filo/ del loro discorso banale/ (per cui prima, era qui di sfuggita)/ fingendo di capire, ugualmente annuendo/ alle richieste di assenso/ al loro dire, probabilmente/ anche su cose a me contrarie… (qui il gioco si estremizza e metafisica e ironia per quanto amara s’incontrano in questo componimento tra i pochi solipsistici, in un certo modo lirici e non affabulante della raccolta).

Ma trovare nascondigliper l’anima non è solo questo ripiegarsi su se stessi, ma anche e, forse, soprattutto, sondare la realtà ulteriore, quella che ci circonda e si svela attraverso l’alterità delle persone e delle cose, abbandonandosi ad esse in un percorso che tende ad avvicinarle e contemplarle:- leggiamo in La distanza:-/ Dall’alto l’occhio spazia./ Lo sguardo abbraccia il paesaggio/ racchiuso nei punti estremi, /indugia inutilmente su particolari/ rimpiccioliti dalla distanza.// ..//Vista da qui, la città nasconde/ la sua consunzione, il suo disordine: oscene promiscuità di vicoli-/ labirinti del vizio/ossature scheggiate di edifici imbruniti/ case malferme sorrette da stampelle/.. Anche gli scenari da terra desolata offrono luoghi vivibili per i poeti:/ Nascosto sui boschi della collina/ il rifugio dei poeti/ è una nicchia orgogliosa/ della sua diversità, vi albergano/ anime dolenti votate all’oblio/ o a una postuma gloria/..

Poesia “impura”, dunque, questa di Cipparroni, che con coscienza letteraria, con consapevolezza, sfiora il profilo basso delle cose, quasi che la sua funzione possa essere, appunto presentandoci una realtà dimessa e molto spesso ostile, farcela conoscere per saperla fronteggiare per una certa forma di catarsi attraverso l’accettazione ma non la rassegnazione… anche leggendo questo libro che può divenire un altro elemento della strategia nel quotidiano.

1 dicembre 2001
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Immagine:
Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


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Otto Anders