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Recensioni e note critiche
Gianni Caccia: La Vallemme dentro
di Danilo Mandolini


Gianni Caccia, La Vallemme dentro, Edizioni Joker, Novi Ligure 2000, pp. 84, £ 20.000

Una valle è certamente un luogo, una via, piuttosto, che assieme al lento “sciogliersi” di un fiume unisce inconsapevolmente un principio ed una fine; un varco che attorno al perpetuo moto dell’acqua crea, senza sosta, consapevolezza ed improvviso oblio di sé.
Nell’ultima raccolta di racconti di Gianni Caccia, la valle protagonista del suo narrare, la Vallemme, è anche e soprattutto una scena, un contenitore dai limiti dilatati intorno al quale gli avvenimenti si compiono e lontano dal quale, oggi come in passato, gli uomini vivono dentro un tempo che sfugge, correndo veloce («…tutto accade presso i fiumi, dove nessuno passa e il tempo stesso è un’ansa pigra»).

La vita che lambisce il corso del Lemme ci è mostrata dall’autore come in bilico tra realtà e fiaba, tra personaggi narrati e narranti (su tutti, quelli del racconto I ricordi del vecchio vallemmano)che tracciano un sottile confine a dividere leggenda e quotidianità e che proprio su questo confine costruiscono come una “misura” di sogno che è dolce catarsi del “vero”. Se da un lato sono i personaggi ad essere protagonisti, dall’altro sono il paesaggio e la natura a collocare il libro di Caccia dentro una dimensione di “vita senza uomini” che lascia flebilmente trasparire l’istinto di fuga dal contesto della “società civile” di oggi e dalle costrizioni che questa impone nei rapporti tra le persone («…non potevo più tornare per loro, ma da loro, da come li avevo lasciati, se mai […] la facoltà di prendersi, lasciarsi senza pegno e ugualmente riprendersi, solo per guadagnarne un piacere proprio e farne parte…).

Il testo La piena, che chiude la prima parte del volume, dà il là - con l’immagine del fiume che «si sta ripigliando tutto», violentemente - al secondo gruppo di racconti, al “momento” finale dell’opera. A partire da Il testamentoed attraverso gli ultimi tre scritti, l’autore disegna un mondo sull’orlo del degrado ambientale (la minaccia dell’Oxygenia), un “universo” nel quale i protagonisti sono assaliti da paure (ne L’uscita) ed i sogni o i “miti” narrati sono inspiegabili, quasi principi di incubi (in Uno squarcio nel cielo). In questo contesto si vive di una precarietà che incalza e di una natura che lentamente lascia spazio ad ambientazioni sfumate. Qui, gli uomini sembrano sopravvivere ai margini dell’oblio («uomini di nessuna città»), appaiono impotenti, desiderosi di solitudine («…quando ogni più piccola traccia dell’esterno sarà sfumata nella tenebra ed essa potrà essere mia, solo per sempre mia, nel mio cantuccio») e miseramente impegnati nella ricerca di colpevoli e di colpe che forse non esistono (in Uomini delle radure).

La Vallemme dentro è una raccolta di racconti in cui i principali registri narrativi - paesaggio e personaggi, differentemente concepiti nelle due parti del libro - sono come attratti dalle aree in cui gli stessi sono continuamente posti in sovrapposizione; sono come sospesi nel vuoto, galleggianti in quell’alone sfocato, quasi di dormiveglia, dove il tempo che trascorre sembra dover ancora giungere.

Il risultato al quale l’autore approda è quello di un equilibrio mirabile, di una combinazione sapiente di atmosfere e contenuti che consente al lettore di avvicinarsi all’opera con crescente rapimento.

 
4 luglio 2001
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Immagine:
Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


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Otto Anders