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Poetry Wave
 
 

Recensioni e note critiche
Laura Canciani, Lo stesso Angelo
di Raffaele Piazza


Laura Canciani, Lo stesso Angelo
Fermenti, Roma 1998, pag. 63, lire 13000

Nella condizione umana, quando per dirla con Montale, tutto è sempre da ricominciare, nell’eterno ritorno nel nostro quotidiano postmoderno, generatore di attese, gioie vere ed effimere e, d’altra parte, di nuovi malesseri, nella vita sempre più veloce e tecnologica che mai, occorre per noi la presenza di un angelo; sia rimanendo saldamente ancorati ad una visione estremamente laica della vita, nella quale l’angelo potrebbe divenire la poesia, l’arte in generale, sia, evidentemente per il credente che cerca di affratellarsi con ogni altro essere; è quest ultimo il caso di Laura Canciani, imbevuta di sincero misticismo, di una rara tensione verso l’alterità, verso il dolore e la gioia dell’esistere, con un senso fortemente consapevole delle contraddizioni del tempo; la solitudine, come mette in luce Vittorio Sermonti nella prefazione, viene sentita come condizione comune del poeta, quanto dei lettori, è qui sicuramente il nucleo tematico di partenza per l’autrice che lancia in bottiglia il suo messaggio e constata, a fondamento del discorso, come si evince dal titolo, che l’angelo è lo stesso per tutti, una protetta zona di luce nella quale ritrovare noi stessi, in sintonia con l’altro, probabilmente anche attraverso le medesime parole che l’autrice ci dona.

E proprio la nostra ricerca di noi stessi, la tensione verso la possibilità di dialogare, magari soltanto virtualmente, con l’altro, a giungere ad un punto di speranza, se non di sollievo, proprio attraverso le parole che Laura ci dona, parole acuminate, dure come il quarzo, che, leggendole, ci trapassano come lame, attraverso la loro rara icasticità, a volte anche solo con il loro suono, prima che si faccia significato intellegibile. E’ Plinio Perilli, nella quarta di copertina, a mettere il luce che, comunque, quanto esprime l’autrice, pur sottendendo uno stabile dolore, è connaturato ad un lieve fervore di chiarità attraverso i suoi versi rarefatti, rastremati, di sfinita intensità: e il discorso si collega all’apertura ad una fede nella poesia vista come diario dell’anima, messaggio appunto al fratello-lettore come un angelo annunziatore di nuove possibilità.

Non a caso infatti, leggiamo nel componimento L’Angelo di via Tiberio, tratto dalla prima sezione del libro:-“ Figurava un orto/ selvaggio di ortensie/ e il lungo riverbero delle voci/ e veramente guardando vedendo/ i passi dell’angelo dimenticato/ la sostanza intentabile riconciliava… Figura del tentativo di un abbraccio, di una possibile fusione di sentimenti e aneliti, può essere anche una pianta, elemento che ci conferma la fortissima tensione di confronto con tutto ciò che è animato: leggiamo in Il ciliegio di Ferrara:-Il lunedì dell’Angelo/ asciuga gli occhi/ al ciliegio che a Ferrara/ scoppia petali/ d’ininterrotta liturgia// o forse è il mite marzo/ e l’ingordo respiro delle mura/ a convergere dolcezza/ lontana millenni/ (confondo l’irreale?).

L’intensa parabola di questo testo, s’intesse come una meditazione creaturale sul destino dell’essere umano, che porta in ogni poesia, a realizzare senza sforzo un esercizio di conoscenza, di se stessi, appunto rapportandosi ad una solitudine che cerca di toccare, almeno lambire quella del nostro interlocutore, immagine di Rilke come pure quella dela soglia, oltre, ovviamente, quella del leit-motiv dell’Angelo:-Leggiamo in:-“La soglia sottratta”: La soglia sottratta/ genera ( omissioni ostruenti:/ è la sosta putativa che/ muove all’alleanza inclinata/ negli spazi/ -aguzza posizione di esordio.// Nell’indecifrabile diritto d’ingresso/ com’è difficile la parola/ a penetrare, ad attecchire sul palmo/ l’erba lungimirante./ Appesa a un filo di febbre/ l’attesa esulta/ intuizioni indifese/.

Nel tessuto linguistico della Canciani si riscontra una forte densità metaforica ed un uso dell’analogia altrettanto pressante: quello che prevale nella sua materia a livello stilistico, è la sua capacità di dire in modo essenziale ogni cosa, con una voce chiara e sicura, dove l’uso pur frequente dell’aggettivazione, non diluisce le tinte della trama sostenute da una forte e variegata ritmicità, espressione di una poesia originale e lontana da ogni possibile classificazione, nell’ambito della poesia contemporanea:-“…// L’illusione/ della festa che ferisce/ allinea fiaccole recitanti/ (il bell’addobbo di una parete invisibile)./ Nella tua fronte levigata/ si cela l’albero inabitabile/ sicuramente sai che la visione/ nel sogno/ è sinonimo di poesia./ Con eccitante vaghezza si snodano/ le parole quelle stesse parole/ svaniranno/ prima che l’aguzzo del vento/ assorba il richiamo./: qui si esemplifica appunto il tema delle parole acuminate, con un uso metalinguistico della parola poetica, che si rflette su stessa e si ripensa. Espressione di uno dei primi elementi e connaturati aspetti del linguaggio poetico e del fare poesia.

16 maggio 2001


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Immagine:
Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


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