Vico Acitillo 124
Poetry Wave
 
 

Recensioni e note critiche
Fabio Nicolazzo: Evocazioni
di Ettore Bonessio di Terzet



Farsi attraversare da quello che è di fuori, farsi percorrere da quello che è da dentro  ovvero dar modo e possibilità d’incontro tra quello che è fuori e quello che è dentro di noi. La poesia di Fabio Nicolazzo si pone nella dinamica del filtraggio delle emozioni e delle intuizioni per costruire un’architettura, per ricostruire sul piano di una lingua singolare quello che si è trovato dentro, quello che si è scavato fuori, in una sinteticità di commistione che porta e richiama unità equilibrio ordine.
Poesia della misura, poesia che si misura sul filo delle rotture parolistiche e sintattiche, negli scarti iniziali del periodare, nella disposizione eccentrica di parola-chiave, di significato su cui s’incentrano e si aggirano i significati secondi e il senso dell’insieme pareggiato dal senso dei particolari.

  Folgorante luce
        Stopposa
 Filigranata con le tenebre
 Sbarre ai luoghi comuni
Spilli negli occhi dei coloni

La poetica di Nicolazzo s’incontra miracolosamente, perché a lui sconosciuta, con la metafora garziana del lavorio della folade che penetra e succhia e perfora legni e scogli sommersi e che, eccitata, risplende s’accende di una luminescenza improvvisa come il fuoco nel petto, come l’anima quando si riscalda. Poesia è questo bucare e attraversare i muri della stupidità della banalità dell’artificio, compito e sacrificio su cui il poeta ha detto il proprio rischio, se necessario sino all’estremo darsi nel contrarre quella peste di cui infesta il mondo, folade che mangia e viene mangiata dai distratti indifferenti al suo dedicarsi con caparbietà con pervicacia a rompere staccare scorticare sgretolare senza sosta, con più rinnovato impegno e vigore sino al consumo totale del materiale, dell’oggetto che più non è riconosciuto e trovato. Poesia è capacità magica di far sparire le cose. Quelle futili inutili gonfiate di niente. Poesia è continuato esercizio per esercitare poesia, invasione nell’io per uscire all’altro ed invaderlo della malattia (la diversità e la mostruosità) che non si può non avere e non trasmettere. Orfeo divorato continuò a cantare; Poesia permane 
 
 

nonostante lo smembramento a cui è sottoposta dagli uomini della malizia.

 In aurea scura
In un antro fioco
Nella nebbia viola
Acquattato
Egli sorvola
E ti dissuade
Dai tuoi esercizi

Poesia è osservare ed essere osservati, scomposizione e ricomposizione, distruzione e ricostruzione, destrutturare e ristrutturare, analisi e sintesi: poesia è il melograno fecondo che si accoppia per custodire le proprie perle umorose che spiccano unica goccia. Poesia è comunicazione con se stessi, non è portatrice di messaggi e quindi sfugge ad ogni querelle massmediale, comunicazione che esce dall’io, si distanzia e si distacca da esso, va incontro al mondo e lo avvinghia e lo segna e lo marchia ovvero lo modifica nel tentativo di audeniano miglioramento, e nel mentre avviene modificazione, le tracce e le impronte lasciate rimbalzano sul poeta che si è sbarazzato dell’indizio psicologico, nella assunzione dell’ego che sente, al contrario dell’io, le corrispondenze dell’altro.
Lo scontro e l’incontro col mondo non può essere che duro, talora violenta, per pochi soffice cosa, giacché lo strumento di eccellenza del poeta, parola, è dolorifico, è portatore di sofferenza e di pene, delle quali primariamente il poeta ha infestato il proprio corpo, il proprio spirito, tutta la persona sua per potere attraversare la palude incurante del contagio, immune malato in cammino verso il limite dove s’incontrano l’orizzontale e il verticale, nel segno cruciale per il ritrovamento dell’Origine.


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Immagine:
Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


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Otto Anders