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Vico
Acitillo 124
Poetry Wave
Francesco
Guccini
Antenor
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Si chiamava
Antenòr e niente
si chiamava
Antenòr e basta
perché
per certa gente non
importa
grado o casta
importa
come vivi
ma forse
neanche quello
importa
se sai usare bene il
laccio
od il coltello.
Antenòr
uscì di casa
uscì
di casa quella sera
garrivano
i suoi pensieri come
fossero
bandiera
ma gli
occhi erano fessura
e il viso
tirato a brutto
come all'età
in cui credi d'aver
fatto quasi
tutto.
Un cavallo
nitrì, ma quando? una
donna rise,
ma dove?
la luna
uno scudo bianco, un
carro le
stanghe
in alto
chitarra
ozio parole, chitarra ozio
parole.
La pompa
un ricordo stanco, un
mare quell'erba
nera
può
darsi fosse romantico. ma
lui non
lo sapeva.
Quella
donna rideva ad ore,
quella
luna solo
uno sputo
e per quel
cavallo non avrebbe
speso anche
un
minuto
è
difficile far rumore
sulle cose
che c'hai ogni giorno
le tue
braghe, il tuo sudore, e
l'odore
che porti
attorno.
Lo cantina
era quasi vuota
scarsa
d'uomini e d'allegria
se straniero
l'avresti detta quasi
piena di
nostalgia
nostalgia
ma di che cosa, d'un
oceano
mai guardato
d'una Europa
mai sentita, d'un
linguaggio
mai parlato?
Antenòr
chiese da bere. e
scambiò
qualche saluto
calmo e
serio danzò tutto il
rituale
ormai saputo
uomo e
uguale coi suoi pari
quasi pari
con gli anziani
come breve
quella sera, come
lunghi
i suoi domani.
Proprio
allora qualcuno entrando
nella luce
do
dentro
al buio
lo insultò
quasi sussurrando, ma
sembrava
che
stesse
urlando
come per
uno schiaffo, come
per uno
sputo
Antenòr
lo guardò sorpreso, lo
studiò
e non
lo conosceva
e il motivo
restò sospeso, fra io
gente ferma
in attesa
e lui non
lo sapeva, e fui non io
sapeva.
Poi sentì
di uno donna il nome,
già
scordato o
non conosciuto
quante
volte per altri è vita quello
che per
noi
è
un minuto;
guardò
gli uomini per cercare
occhi,
dialogo,
spiegazione
non trovò
condanne non
trovò
un'assoluzione
Antenòr
uscì di fuori
bilanciando
il suo coltello
per danzare
malvolentieri passi
e ritmi
do duello
una donna
non ricordata ed un
uomo mai
visto
prima
io legavano
tra loro come versi
con la
rima.
Fintò
basso e scartò dilato
quanti
sguardi sentì sul viso
si sentì
migliore e stanco
si sentì
come un sorriso
che serata
tutta ai contrario
proprio
niente da ricordare
puntò
il ferro contro il viso vide
il sangue
zampillare.
Tutto quanto
ero stato un lampo
Antenòr
respirava forte
fece il
gesto di offrir la mano
guardò
l'altro e capi pian piano
che tuffo
ero stato invano
che l'altro
cercava morte
capì
che doveva farlo, farlo in
fretta
perché
non c'era
motivo
per ammazzarlo
l'altro
cadde e non rispondeva
e lui non
lo sapeva, e lui non lo
sapeva,
Antenòr
lo guardò cadere
sentì
dire la colpa è mia
senti dire
è stato un uomo
senti dire
fuggi via
lo giustizia
disse bandito
ma un poeta
gli avrebbe detto
che ero
come l'Ebreo errante.
come il
Bàtavo
maledetto.
Quante
volte ci è capitato
di trovarci
di fronte o un muro
quante
volte abbiam picchiato
quante
volte subito duro
quante
cose nate per sbaglio
quanti
sbagli nati per caso
quante
volte l'orizzonte non va
oltre il
nostro naso.
Quante
volte ci sembra piana
mentre
sotto gioca d'azzardo
questa
vita che ci birillo
come bocce
do biliardo
questa
cosa che non sappiamo
questo
conto senza gli osti
questo
gioco do giocare fino in
fondo a
tutti i costi.
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Otto
Anders