Nulla
taberna
meos habeat neque pila libellos, 
                  quis manus
insudet vulgi Hermogenisque Tigelli, 
                  nec recito
cuiquam nisi amicis, idque coactus, 
                  non ubivis
coramve quibuslibet. In medio qui 
                  scripta
forum recitent sunt multi quique lavantes: 
                  suave locus
voci resonat conclusus. Inanis 
                  hoc iuvat,
haud illud quarentis, num sine sensu, 
                  tempore
num faciant alieno. 
                  .... 
                  Saepe tribus
lectis videas cenare quaternos, 
                  e quibus
unus amet quavis aspergere cunctos 
                  praeter
eum qui praebet aquam; post hunc quoque potus, 
                  condita
cum verax aperit precordia Liber. 
                  Hic tibi
comis et urbanus liberque videtur, 
                  infesto
nigris; ego si risi quod ineptus 
                  patillos
Rufillus olet, Gargonius hircum 
                  lividus
et mordax videor tibi?... 
                    
                  Nessun negozio
e nemmeno una vetrina espone i miei libri 
                  sui quali
possa posarsi untuosa la mano del volgo o di Ermogene Tigellio,
                  
                  né
io recito all’impazzata i miei versi, se non a qualche amico
                  
                  fidato,
e soltanto se vero amico… Invece sono troppi quelli che
                  
                  recitano
impunemente, persino nei bagni pubblici: 
                  risuona
più melodiosa la voce nei luoghi chiusi. 
                  Tutto
ciò
giova agli sciocchi, non precisamente a chi si chiede
                  
                  se sia
cosa saggia o sia cosa opportuna. 
                  ….
                  
                  Spesso
puoi vedere che nei triclini cenano a quattro per ogni lettino,
                  
                  e tra di
loro c’è uno che ama distribuire maldicenze, 
                  tranne
per l’anfitrione che offre da bere; ma ben presto, 
                  dopo aver
bevuto, anche contro di questi, 
                  aprendo
ad ogni segreto l’ebbrezza che ha in cuore. 
                  Per te
che attacchi i maligni ciò può sembrare
                  
                  cosa civile,
libera e divertente; ed io, se rido 
                  per
quell’imbusto
di Rufillo che olezza per i troppi profumi 
                  o per
Gargonio
che puzza di caprone, ti appaio 
                  acido o
velenoso? 
                  Traduzione
di Antonio Spagnuolo