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                  | Sei
tu
leggiadra amica a lambiccare intimità
di amante,
 fanciulla
di pietade avara.
 Alli occhi
miei niun  confine vale
 e ti prego
soccorra,
 i’ m’accorgo
sovente di star male
 duro di
nervo e di polpa struggente,
 e tu conforta!
 Per diletto
della tua gioventù
 levitando 
tornita infra le braccia,
 presta
ai miei tocchi
 il petto
tuo fremente.
 Non voluto
da alcuno, fuggente ed annoiato,
 l’ultimo
squillo del telefono…
 Ma cosa
è questa?
 Impallidisce
il dotto e l’analista
 nello spazio
mio breve
 ed incosciente
 nella selva
o nei buchi dell’ozono.
 A te che 
sudori miei dolce lenisci
 vorrei
cantare in sogno
 un sogno
 che a la
mente, improvviso, anzi nicchiando,
 intorno
intorno alle tue vesti azzurre,
 come carbone
vivo de la fiamma,
 trasborda
le mie voglie infra i tuoi sensi
 per conturbare
il ventre.
 L’indomito
virgulto
 se tu vedessi
innanze
 non lasceresti
più or che lo vuoi
 il delirio
e l’ardor.
 Contemplando
il costume che ti adorna:
 discinta
e in ruinosi gorghi
 arcane
danze inventando al mio diletto.
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