VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
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Sans passion il n'y a pas d'art

Calamus
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La giovane scimmia
di Stelio Maria Martini
1982

   
1) Posto che la società nella quale viviamo e di cui in ogni modo siamo parte, risulta fondata su quel che si dice ragione, constatiamo la qualità rudimentale di siffatto strumento e la sua inadeguatezza rispetto ad esigenze altrettanto comuni; ciò porta alla conclusione che l'uomo vive al di sotto delle proprie possibilità e degli stessi suoi mezzi, fatto evidente oggi più che mai. Riteniamo che la dimensione umana che più viene sacrificata da tale stato di cose è quella estetica, nella quale si assommano tutte le istanze che invano, per millenni, surrogati filosofici e religiosi hanno tentato e tentano di controllare, e nei cui confronti applicano di continuo la liquidazione o l'ostracismo, o inalberano lo scherno e l’ostentato compatimento. Una storia del lavorio estetico dell'ultimo trentennio, (origini e manifestazioni sempre pin certe) non può essere tentata che ai limiti dell'esperienza individuale, iscrivendone i punti nodali nel quadro dello sviluppo del più generale dibattito culturale. Ciò non mancherà di far emergere l’inautenticita di buona parte del dibattito stesso e degli esiti raccomandati, rivelando al contempo gli sbarramenti consapevolmente opposti agli esiti più allarmanti, nel quadro di una strategia della sopravvivenza e dell'ordinaria amministrazione dell'esistente. Tali fenomeni sono paralleli al processo di superamento dell'efficacia dei regimi "moderati", e giungono fino alle odierne brucianti esperienze che avviano a una rimessa in discussione della stessa govemabilità degli stati.

2) Lo stato delle cose negli anni '50 era tale che, ferma restando l’inalienabile quanto sterile possibilità del canto individuale, più o meno sommesso ma sempre sommerso, qualsiasi intenzionalità diversamente orientata non poteva che rimanere per l’appunto allo stadio delle intenzioni, perché essendo impossibile scegliere un canale diverso (soprattutto per l'impreparazione ad inventarlo ed usarlo da parte dello stesso soggetto), qualsiasi spinta o visione non poteva che naufragare e perdersi di fronte alla banalità dell'esito, ed anche perché, pensandosi e concependo esclusivamente sub specie letteraria, idea e spinta stesse finivano con il presentarsi come l'insipiente e il troppo poco. Troppo poco, infatti, ed insipiente era qualunque cosa circolasse, quasi quanto le stesse conversazioni dei letterati. L'artista ancora giovane scimmia, interessato alla resa della soggettività e della vita di relazione di questa, non poteva non avvertire tali angustie proprio nei termini che si sono appena detti. Lo spaccare il capello in quattro a mezzo della scrittura, dopo Proust, era stato provato incongruo dalla scrittura automatica, che produceva testi di complessità non minore della scrittura a progetto, ma assolutamente incomunicanti e, nella pratica, anche incomunicabili. La piccolezza del mondo negli anni '50 veniva sempre più proponendosi come un punto di svolta.

3) Ancor più della consapevolezza dei fenomeni ora citati si imponevano altri complessi fenomeni che allora vennero definiti come civiltà dell'immagine e civiltà delle macchine. Essi dicevano chiaramente che, con le parole, non si raggiungeva più il centro di gravità del mondo perché i soggetti ora erano lì, nelle pagine dei rotocalchi o al cinema, circonfusi dalla gloria di mille rivelazioni non verbali. Questi stessi soggetti erano stati ripresi da macchine e venivano proiettati o riprodotti com'erano stati ripresi, da altre macchine. Pensieri molesti attraversavano le nostre riflessioni e l’inflazione verbale, come quella di uno strumento ormai inutile, si rivelava irreversibile specie nella particolare accezione del linguaggio pubblicitario: nel cinema, ad esempio, chi produceva mai meno di un capolavoro? E intanto, mentre il poeta e lo scrittore in generale venivano sempre più identificati come autori di letteratura, l’esistenza stessa di quest’ultima diventava sempre più problematica, si capiva sempre meno perché venisse studiata nelle scuole e non si voleva, come ancora non si vuole, ammettere che la letteratura non è più un fenomeno d'interesse sociale.

4) Il canto individuale rimaneva ed era fuga e rifugio dalla società, <<estrema voce del soggetto nascosto ed introverso ... modo analogico ed evocativo di trovare negli abissi dell'io, di un io sempre più profondo e tutto abbandonato a se stesso, il nulla, il silenzio modulato in una maniera di abolizione degli oggetti o figurato in una maniera di esaltazione o di concentrazione simbolica degli oggetti stessi... sintesi illuminante, pregnante e veloce nel rigore calcolato, coltivatissimo e raro della parola, affidata talora alla carnalità del sintagma, talora ad un ritaglio significante dell'effimero... tale che si è resa conto delta propria temporalità ... >> (L. Anceschi, in Il Verri, n. 1 1962, p. 15). Ma se tutto ciò definisce, con buona scorta d'illusioni, il canto individuale e solitario nel deserto, codifica ancora i motivi di non validità del medesimo sul piano sociale odierno; i motivi dell'inefficacia di un esercizio anacoretico, per l'appunto che si farebbe meglio a praticare scrivendolo con l’acqua. I casi della letteratura narrativa e teatrale, con la patetica pretesa di una maggiore modernirtà, finivano per rivelarsi come l'aggrapparsi al conosciuto, rassicurante scoglio di una "diversa" efficacia, ancora pur sempre tutta da dimostrare.

5) Eppure la clamorosa, spettacolare ondata di interesse promosso in tutti i sensi dalle avanguardie storiche c'era già stata, insieme alla breccia da esse esplicitamente praticata nelle istituzioni estetiche tradizionali, nel senso ed in favore proprio dei nuovi mezzi della visione e della tecnica, vale a dire delta nuova qualità delta vita per esse avanguardie gia allora chiaramente delineata. Ma il venir meno e lo scaricarsi delle tensioni interne proprio dei movimenti estetici e poi il clima culturale dei regimi autoritari e moderati che ad essi succedettero avevano finito per frustrare i conati, fatto rientrare i troppo audaci interessi, spenta ogni virulenza e le stesse possibilià di quei movimenti. Le repressioni, del resto, funzionano sempre e giovano proprio a chi le mette in opera, né ciò deve fare meraviglia perché esse, lungi dall'essere quello strumento miope e ottuso che piacerebbe che fossero, finiscono col rivelarsi efficaci anche in prospettiva, perché la ripresa del represso, se mai ci sarà, avviene sempre in chiave diversa e addomesticata, comunque compatibile con i principi ammodernati venuti in auge dopo il successo delta repressione. Ma l’indicazione a guardare altrove dai luoghi e istituti deputati dell'estetica era stata data, i nuovi spazi rimanevano designati e le due componenti necessarie delle opere prodotte, la destruens e ]a construens, rimanevano da analizzare.

6) Tuttavia, nell'arco degli anni fra i Trenta e i Cinquanta, era venuta perpetrandosi in Europa una vera e propria rimozione, alla quale concorsero in ugual misura i regimi autoritari, quelli moderati e la sinistra. Verso lo scorcio di questo periodo, nella generazione che non poteva avere memoria diretta, prese a manifestarsi sempre meno confusamente la questione su che conto fosse da tenere di certe esperienze di un passato, tutto sommato abbastanza recente, di cui pur attraverso isterismi e sufficienze si comprendeva ch'erano state ardite e spregiudicate. Tutto ciò nelle presenti angustie poteva essere importante conoscere ed era proprio il caso di togliere finalmente l’embargo gravante su quei processi e sui loro possibili effetti. Perché accadeva che, di fronte alla nozione di futurismo, a sinistra si insorgeva decisamente e, identificandolo tout court con il fascismo lo si designava come improponibile, anzi tabù. La stessa cosa accadeva nei riguardi del surrealismo, troppo legato a Freud, sul quale pure gravava interdetto per non parlare di quegli oziosi perdigiorno che furono i dadaisti. Se, inoltre, la cultura cattolica ignorava le avanguardie, era per il buon motivo che le riconosceva irriducibilmente a sé avverse; ma, passando alla cultura laica, attestata in Italia su posizioni tardo crociane, si poteva constatare che essa continuava imperterrita a ignorare ringhiosamente ogni novità. Tutti poi amministravano quel che c'era, vale a dire residui della cultura prefascista, tardo ermetismo, neorealismo, autori impegnati e disimpegnati.

7) Se, a sinistra, 1'engagement serviva da copertura allo stalinismo, zdanovismo, realismo sociasta, il sostanziale crocianesmo culturale del PCI finiva per convergere con quello de Il Mondo nell'indicare moduli narrativo?saggistici e satirico?caricaturali come quelli finalmente moderni in senso autentico, come loro pareva; e intanto acquistavano fama le opere narrative di Sartre e Camus e in particolare da noi imperversava una pletora di pittori tardo-ottocenteschi e rozzamente realistici secondo una gamma di infinite varietà. Non restava che l’area intorno alla poesia lirica, la più libera (l’area, non la produzione) da prevenzioni e ricca di possibilità, e inoltre, nel campo delta pittura europea e americana, il mercato manteneva in auge nomi ben diversi da quelli italiani. Del resto, a ben vedere, ciò che si voleva ostracizzato, era tutto quanto era avvenuto di nuovo nella cultura da Rimbaud e Mallarmé in poi. Anche i clamorosi scrittori americani che invasero Parigi negli anni Venti, come la stessa industria cinematografica hollywoodiana (al cui modello finirono poi per uniformarsi tutte le altre), non avevano agito da potenti stimoli e strutture portanti per un massiccio rientro nell'ordine delle opere concepite in base al consenso del pubblico a priori?

8) Ma, dalla zona operativa intorno alla poesia filtravano nomi e nozioni che, nonostante il modo in cui erano presentati, finivano più per accendere che per appagare la curiosità della giovane scimmia. Tutto quel che di nuovo era avvenuto nella cultura, dalla fine dell'Ottocento in poi, attraverso i fumosi discorsi dei critici, che se ne servivano da riferimento ed illustrazione delle loro elucubrazioni, rivelava l’esistenza di modi diversi e spazi più ampi. I riferimenti e le citazioni erano fatte per scopi artemantici e per dare un'aria di sofisticatezza al discorso, ma il loro senso chiaramente voleva essere: ci sono stati fenomeni scandalosi e malgrado tutto affascinanti (non sempre era chiaro perché); noi ne abbiamo ampia conoscenza e nozione spesso diretta, ma indichiamo solo per segnalarne i portati da noi accettabili, e solo quelli, perché quelle ricerche quei movimenti sono giustamente dannati all'oblio, e se qualche innovazione hanno mai apportato non manchiamo di farla rilevare. Si pretendeva, insomma, che quei novatori avessero per loro conto scelto generosamente la via delta perdizione solo perché un giorno qualche dipinto di Guttuso o qualche scritto di Moravia presentasse qualche carattere di modernità dello stile (fraseggio ellittico e allusività, uso dell'analogia, notazione rapida e <<oggettiva>>), ma niente di più, perché, tutto sommato, in questo paese non conviene mai che il volgo dei profani vada addentro le secrete cose.

9) Una rassicurante letteratura, o pittura, "degne" al tutto della bella tradizione peninsulare, potevano dunque fregiarsi di siffatte arditezze per sentirsi in regola con i tempi. Ciò però non bastava a fugare il sospetto, tendente a diventare certezza, che i precursori e le avanguardie avevano indicato ed aperto all'estetica strade alternative a quanto si voleva che continuasse. Il fatto era confermato dalla sempre minore credibilità dei prodotti che pretendevano invece di essere rassicuranti: scrittori ed artisti riuscivano sempre meno a credere in ciò che facevano, e si trovavano difficoltà sempre maggiori a dover spiegare che cosa e perché facevano ad un pubblico sempre più distante e improbabile. La giovane scimmia di formazione letteraria, abituata a considerare la letteratura il mezzo principe per la resa a livello sociale della soggettività, non poteva non sentire ormai la pochezza e l’inefficacia del mezzo e lo stesso venir meno del soggetto, la cui dimensione non era più quella privata.

10) Il cinema, sulla scorta dell'esempio hollywoodiano, non sapeva che imitare e produrre la peggiore narrativa, specie a prescindere dagli onesti prodotti artigianali: anche in questo campo erano stati posti al bando gli esempi e le sperimentazioni italiane e francesi dei tempi eroici. Sembrava proprio che alla letteratura non fosse lecita altra via che quella lasciata in eredità da Pirandello, vale a dire il trattamento di problemi filosofico?morali applicati alla psicologia ed alla sociologia spicciole. Entro pochi anni un ingegnere cattolico avrebbe fatto di ciò uno spettacolare uso televisivo e, se per la televisione egli fu un pioniere, e certamente da considerarsi un antesignano della confezione di spettacoli popolari prodotti in serie, in base al dosaggio di ingredienti prestabiliti e di prestabiliti criteri. Alla giovane scimmia fu allora spiegato che darsi alla poesia significava sottrarsi all'alienazione. Se così era, evidentemente 1'esproprio di cui egli era vittima era stato perpetrato dalla chiusura di ogni possibilità del diverso, dal richiamo all'ordine delle intelligenze e delle sensibilità. A queste ultime non rimaneva che l'esasperazione, l’unica cosa di cui si potesse beneficiare senza licenza delli superiori>>, refrattaria com'era alla lottizzazione e alla <<zebratura>> delle aree ripartite a seconda delle ideologie. A questo punto, il rilievo che il vecchio mondo era stato più libero perché aveva lasciato rampollare le avanguardie, era solo una riflessione patetica.

11) L'attività culturale in Italia negli anni '50 si può descrivere come dislocata intorno a tre tipi di strutture molto diversi tra loro per costituzione e ideologia, ma che raggruppavano tutto quanto esisteva di sedimentato o in cerca di affermazione. Innanzi tutto si distingueva, nel campo dell’attività editoriale, per la vivacità e l'apparente spregiudicatezza degli interessi, la casa editrice Einaudi, vicina alla sinistra ed in particolare al PCI. Veniva poi una variegata mappa di periodici e riviste il cui esempio più cospicuo fu il settimanale Il Mondo, nell'insieme più rispondente ad un'idea di laicità e libertà del dibattito culturale ed in ciascun caso facente capo a qualche mandarinato o ristretta oligarchia di notabili, misoneisti, di cui il periodico era emanazione. Infine c'era la stampa e l'editoria ufficiale, il cinema con i cinegiornali, la RAI presto RAI?TV, e tutti i vari enti ed istituti clientelistico?istituzionali, emanazione di una cultura dominante che poteva presentarsi come clerical?bigotta o clerical?liberale, ma in ogni caso asfittica e conformista, subordinata al regime.

12) Ai tre citati nuclei di promozione e produzione culturale mirava una modesta quanto ombrosa arcadia di nostografi, autori di cinema, pittori, qualche musicista a mezzo servizio presso il cinema. Dell'esistenza di questa colonia faceva fede Lafiera letteraria, stampata e diffusa <<sumptibus et superiorum permissu>>, e quanto ai rapporti tra la detta colonia e il potere, le contrattazioni avvenivano a livello personale e spesso erano rivolte alla cattura a mezzo prebende dei più indocili tra i meno ignoti. Gli ambulacri della RAI-TV ancor oggi formicolano di cotali ammansiti. Ma lo scontento degli arcadi si rivelava in occasione di velenose polemiche pseudosociologiche, in cui si avvertiva distintamente solo il dispetto che essi provavano, poniamo per il successo e la popolarità cui era assurto un attore di rivista fattosi presentatore di un gioco televisivo... 0 anche nell'occasione in cui decisero in gruppo numeroso di farsi autori di canzonette, ma di alto livello, le quali, pubblicate in volume, presero il titolo di Giro a vuoto. I clamori ch'essi levarono quando un ministro li definì, globalmente, <<culturame>>, così come la rinomata polemica relativa alla sconfessione da parte del PCI del Politecnico di Vittorini, ci sembrano cose appartenenti al folklore di quegli anni. Quando si diede inizio all'usanza dei premi letterari, il primo fu assegnato all'edizione purgata degli scritti di Gramsci e l’anno successivo lo stesso premio andò alla raccolta di novelle di uno scrittore meridionale, che non dimenticherà più l’onore fattogli di annoverarsi dopo Gramsci.

13) Stando cosi le cose non si vede, né si vedeva, da chi e dove la giovane scimmia avrebbe potuto ricevere lumi per,l'individuazione e la liberazione della soggettività, e ciò nei giorni grami della guerra fredda, in un mondo in cui le gerontocrazie guardavano ancora, come troppo spesso si continua a guardare, alla vita del villaggio, nonostante la civiltà industriale che avanzava con le aspettative crescenti e le comunicazioni di massa che inondavano angoli sempre meno remoti. In che modo la giovane scimmia avrebbe potuto rendere i segni più certi dei tempi e della specie nella sopravvivenza di modelli arcadici e in ogni caso arcaici? Nonostante l’ingenerosita sia d'obbligo, non è evidentemente il caso di chiamare a render conto, con la forza del senno di poi, la società italiana degli anni '50, del resto non dissimile da quella degli altri paesi europei. Ci si limita solo a constatare la profonda efficacia di quel che abbiamo chiamato repressione. Efficacia tanto più profonda perché, lungi dall'essere rozza e violenta, essa in Occidente non aveva affatto mirato a colpire i novatori e le loro opere, quanto ad accademizzarli e museificarli, in coerenza con un potenziato spirito di sopravvivenza, il cui dispositivo fu d'allora incoraggiato ed alimentato, e continua ad esserlo. Da quando i futuristi avevano esaltato la maniera spiccia per imporsi, era subito stato chiaro che invece bastava ridurre tutto a <<problematica>> perché tutto diventasse innocuo.

14) 1 regimi autoritari e moderati del secondo trentennio del secolo furono sufficientemente accorti nel constatare che mancavano di una proiezione culturale che li facesse sentire legittimi rappresentanti di una intera società e non solo di parti di essa. Ciò li allarmava profondamente, così come allarmava ancor più le opposizioni, nate all'insegna di una o poche parti sociali. Fu così che queste ultime presero, come spinte da un proprio motivo interno, a lottare per una successione indolore, credendo che bastasse cambiare il soggetto della rappresentazione estetica. Tutti, del resto, non potevano non allarmarsi quanto più cominciarono a temere l'imprevedibilità e la diversità del nuovo, a cui però solo da parte di pochissimi si poteva ricominciare a pensare. Furono probabilmente tali consapevolezze a portare ad affermarsi una convinzione, vera e propria scelta, che venne a surrogare quelle sicurezze di fondo che per l'appunto mancavano: qualunque cosa sarebbe stata per essere in avvenire, la scrittura/letteratura non sarebbe venuta mai meno, e come essa così le altre forme di espressione estetica, alle quali al più bastava aggiungere una decima o anche un'undicesima musa.

15) Tale convinzione mise a tacere le inquietudini e le trepidazioni sulla sorte della civiltà occldentale. Si trattò di qualcosa di più di un pensiero rassicurante: fu una di quelle proiezioni del desiderio simili a quelle che popolano l’empireo. La scrittura infatti appariva ancora, ed era, il mezzo principe capace di far superare ai contenuti, nei quali tutti credevano (o si sforzavano di credere), le barriere dell'ego e del tempo. Era stato chiaro, invece, che tutte le novità del secolo avevano aggredito e messo in forse proprio quei contenuti insieme al loro adesivo universale, il verbum, detto e scritto. Ciò non poteva e non doveva essere; e del resto, a controprova di tale volontà, non si vedeva forse che nei nuovi regimi, sotto un tale aspetto, le cose continuavano ad andare come dovevano? Anche questo serviva a soddisfare la lungimiranza e lo storicismo di tutti. Si rimase convinti che qualunque temperie politico?sociale avesse finito col prevalere in futuro la scrittura e la sua importanza centrale non avrebbero subito alcuna menomazione o incrinatura e le indicazioni in senso alieno delle avanguardie storiche non dovevano turbare nessuno, perché si trattava pur sempre di fenomeni e di una <<problematica~> comunque da interpretare e ricondurre a modelli digeribili.

16) Da allora non mancarono più teorizzazioni tendenti a dimostrare che ogni contatto di novità, più si presentava rivoluzionario ed innovatore, più chiaramente dimostrava di muoversi nell'ambito rassicurante della tradizione, che pertanto ne riusciva confermata e rafforzata. Quale altro poteva essere il significato di un'intervista, trasmessa dalla televisione, in cui un sorridente Pasolini interrogava Ezra Pound semicadavere, afasico ed impossibilitato ad ogni aggancio discorsivo tentato dall'intervistatore? L'episodio in parola, risalente ad anni assai più recenti rispetto a quelli di cui siamo venuti ricostruendo il clima, si inserisce in una serie di altri episodi che dimostrano come ciò che abbiamo ora detto convinzione e scelta rassicuranti, entrano in una fase di atteggiamento consapevole, offensivo e difensivo in modo esplicito e diretto, come non potova essere negli anni '50 e per buona parte dei '60. Ma, in concreto, che cosa era avvenuto nella cultura italiana (ma non solo in essa) nel secondo trentennio del secolo, quando cioè era ormai evidente che una rottura c'era stata e si volle raccogliere i cocci perché non ingombrassero il pavimento? Nella cultura italiana in particolare si era realizzato, attraverso il trattamento subito dai futuristi in regime fascista, un primo esempio di repressione intelligente, destinato a fare da modello anche in futuro.

17) Occorre tener presente che, come l'Italia produsse il futurismo, vale a dire la prima avanguardia o movimento o rivoluzione culturale della storia, cosi si può dire che in essa la creazione e il dibattito culturale, come del resto le soluzioni politiche, vengono avvertite e si presentano con tempestività, come nel paese dove più precarie e deboli, per vivacità e insieme cinismo, sono le strutture sociali e culturali. Fu così che, come è  noto, quando il regime fascista si ritrovò tra i piedi le ingombranti rivendicazioni di un Marinetti (ormai tagliato fuori dalla leadership della cultura avanzata d'Europa), proprio nel momento in cui dal regime si veniva elaborando una cultura restauratrice oltre che politica anche estetica (l'eredita classica e perfino i valori della stirpe, e va bene, ma si pensi anche ad atteggiamenti come quelli di strapaese e stracittà, le riviste Il Selvaggio e L'Italiano di Maccari, fino a 900 di Bontempelli ed a Primato di Bottai), si pensò bene di promuovere Marinetti ad Accademico d'Italia. Nonostante il regime non sapesse proprio che farsi dell'estetica e della maniera (ormai) futurista, 1'accademizzazione comportava che Marinetti, sempre più isolato in un ambiente sempre pin sordo, potesse tranquillamente continuare a vantare meriti ed anticipazioni, coerenza ed organicità al regime, e ad organizzare rassegne e mostre e perfino serate futuriste sempre più addomesticate e sonnolente, e tutto ciò nel momento stesso in cui il futurismo era ormai defunto come movimento e sepolto quanto ad invenzione se non anche a teoria.

18) Un siffatto modello di soluzione avrà, come vedremo, uno straordinario successo e sarà ricalcato a tutti i livelli fin nelle più sottili alchimie culturali: bastava, all'occasione, professare rispetto per colui che era ostracizzato nei fatti e che a suo tempo pur ne aveva fatte di cotte e di crude, per giubilarlo e metterlo fuori del gioco allo stesso tempo. Se consideriamo i tre centri di emanazione culturale di cui abbiamo fatto cenno, troviamo che, a distanza di decenni ormai, presentandosene l'occasione, essi ebbero in pratica lo stesso atteggiamento dei fascisti nei confronti del futurismo e delle successive avanguardie, aggiungendo contro il primo, in diversi casi, il disprezzo riservato al fascismo, con il quale si volle far credere che i futuristi avessero un rapporto di identificazione. Futurismo, dadaismo e surrealismo rimasero pertanto sotto un embargo, che si appesantiva nei casi di più grave ipoteca della cultura di sinistra e del realismo, socialista o meno. A veder bene, se prescindiamo da una per lo più inedita persecuzione poliziesca e politica dei movimenti e degli esponenti più attivi, il sistema applicato in regime fascista a carico dei futuristi, sistema ispirato direttamente a certa diabolica blandizie controriformistica, risulta una vantaggiosa alternativa alle famigerate edizioni continuamente aggiornate delle enciclopedie di orwelliana memoria.

19) Tanto vantaggiosa che, una volta diffuso e consolidato il sospetto che il futurismo non fu un'innocua stravaganza, ma fascismo tout court e quindi non innocuo ma pericoloso, all'inizio degli anni '70 si poté finalmente storicizzare... in libertà. <<La storia della poesia dopo la guerra avrebbe potuto essere una lunga e anonima continuazione magari critica dell'ermetismo... Invece ci sono stati i Novissimi. Quando i Novissimi appaiono nel 1961 (la loro antologia) cade come un sasso in mezzo al cammino della poesia italiana: un grosso sasso ingombrante, irritante. Quel sasso è rimasto lì, ha bloccato la strada, nessuno lo ha digerito, nessuno lo ha spiegato. In Italia la letteratura offre un complesso sintomatologico di prim'ordine. E 1ì dentro il bubbone dei Novissimi è un ostacolo grosso, ma riuscire a inciderlo e superarlo può dar senso a tutto il resto>> (L'EspressolColore, 22/5/1970). Il passo riportato pone in evidenza il modo di storicizzare, la scala di grandezze e la convinzione tipica del letterato italiano anni '50 che ritiene di trovarsi nell'ombelico del mondo.

20) Intanto non è affatto vero che il libretto dei Novissimi abbia avuto effetti cosi spettacolari e devastanti per il cammino dell'Arcadia. Esso non fu una novità perché in Italia, e in disparte rispetto all'Arcadia, gia erano da tempo operanti le due notevoli personalità di Emilio Villa e di Edoardo Cacciatore, ed erano ormai molti i poeti che per proprio conto o sulla scia di questi operavano secondo modalità <<diverse>>. Fin dal suo apparire il <<bubbone>> fu subito inciso e superato, e ciò non diede affatto senso, né poteva darlo, a tutto il resto. Vediamo piuttosto che senso ebbe esso stesso, come fu subito chiaro. Il letterato anni '50 sapeva che la poesia e la cultura europee avevano conosciuto lo strappo violento delle avanguardie, ma pur con diverse motivazioni non se ne sentiva erede. Quanto al futurismo, poi, s'era trattato di una malattia infantile, una stravaganza estremistica, anzi fascismo bello e buono. Il letterato italiano considerava di discendere da una linea simbolismo?crepuscolarismo?lirici nuovi?ermetismo, e storicizzava in conseguenza. Rispetto a questa linea egli è indubbiamente un rivoluzionario, rna in Arcadia. In quelle poesie, infatti, <<c'e il futurismo e c'è Breton, ci sono Pound, Joyce ed Eliot, Dylan Thomas e la prosa sperimentale di Kenneth Patchen>> (Il Verri, n. 2, 1957), e il letterato, avendo messo in iscritto tutto ciò, si senti a posto.

21) Il senso del <<bubbone>>, dunque, fu in effetti quello di un doppio filtro: esso escluse il senso ultimo e radicale delle avanguardie e recuperò la scrittura depurandola dalle manere tardoermetiche e neorealiste. Il terminus a quo dell'ermetismo non era stato scelto a caso: non se ne poteva proprio più di quei madrigali neopetrarchisti! Ecco dunque le nuove Lettere vrgiliane proporre i nuovissimi versi sciolti, sciolti dal <<senso dei Pound, dei Marinetti ecc.>> e, come è detto autorevolmente, <<anticipando di un lustro i risultati di Tel Quel... si sceglie decisamente il testo>>, vale a dire, il verso, la scrittura. Siamo al punto in cui si chiude la parabola iniziata con la rcepressione, la storia si ripete in forme parodistiche e grottesche: viene simulata una rivoluzione (si fa per dire) per restaurare con tutti i crismi la vecchia scrittura.

22) Ma, se ripensiamo da un altro punto di vista agli anni '50, troviamo, che effettivamente in quegli anni veniva <<ribollendo>> un gran crogiolo di umori e sensibilità, mentre veniva prendendo a poco a poco consistenza ciò che più tardi sarà indicato, <<con termine inglese la contro cultura>>. Si faceva strada, in quegli anni, sempre più frequentemente, l'idea sempre più precisa di tutto ciò di cui nelle sedi deputate si preferiva parlare assai poco, come di cose giacenti nel (recente) passato ed ivi rimaste, stranamente senza conseguenza. Sempre più spesso si cominciò ad andare a vedere, a verificare. Ciò accadeva di preferenza net campo delle arti visive, come quelle più vincolate al mercato (che aveva altre ragioni) e meno costrette dai motivi della rappresentazione linguistica. Ma anche in campo letterario sulla scia dell'interesse per la letteratura americana attiravano l’attenzione alcuni nomi, Eliot ma soprattutto Pound, che peraltro aveva avuto un suo periodo italiano, che sembrava causa di una curiosa interdizione non sempre rispettata. Vecchi numeri delta rivista <<Circoli>> e poi l’antologia pubblicata da Guanda della poesia americana ebbero la loro parte in questo processo, e assai spesso dall'apparato di note di quest'ultima tornava il discorso sui movimenti estetici dei primi decenni del secolo e in essa spiccavano autori come, oltre Pound, quel Philip La Manthia, eliminato dalle successive edizioni del libro, ed ee. cummings. Sulla scorta di opportune indicazioni si poteva perfino conoscere l’Ulisse di Joyce, magari attraverso ]a traduzione di Valery?Larbaud. Così come, a sinistra, il nome di Majakovski suscitava interessi e qualche inquietudine sull'effettiva portata e sul destino dell'avanguardia russa.

23) C'era, insomma, tutto un lavorio rivolto a violare interdizioni ed embarghi, sì, ma anche e soprattutto barriere mentali. Il mondo accademico sempre più frusto e paralitico, poteva apparire come l’area più appropriata e conveniente per simili ostacoli, ma non certo il mondo <<militante>>. Se ormai i varchi e i tramiti intorno a cui si venivano disponendo le spinte e le aspirazioni anche confuse verso il nuovo, erano ormai identificabili, oltre di essi si intravedevano spazi nei quali certo sarebbe stato possibile superare I'mautenticità degli esiti fino allora possibili, la loro avvilente futilità, la destituzione di valore e di utilità che, del resto, la letteratura aveva subito da almeno cinquant'anni. Uno dei più imbalsamati letterati ufficiali, Bontempelli, se n’era fatta una divisa fin da tempi non sospetti. Del resto, allora come allora, l'idea di una coscienza infelice della letteratura veniva rapidamente perdendo senso: essa, che aveva cominciato a usare la lingua di tutti, dopo aver creato una lingua letteraria, s'era ormai ridotta alla calligrafia, la lingua era inflazionata ed era divenuta koinè, i teatri venivano rapidamente scomparendo né era ormai possibile credere che l’infelicità coltivata dai letterati come una perla rara coincidesse con l'infelicità degli uomini.

24) Se, dunque, l’attenzione, e la sensibilità, tornavano a orientarsi verso la vita di relazione ed il quotidiano, il senso di questi non andava più perseguito net solipsismo, e neppure nel populismo, perché il destino quotidiano e individuale coinvolgeva oltre le persone fisiche, gli oggetti,
i corpi, la materia tutta il cui destino incrocia e modifica quello personale. Occorreva che, al più presto, la giovane scimmia, che aveva acquisito per tempo la vocazione all'eterno presente, affrontasse e risolvesse almeno i due principali problemi rimasti aperti dopo l’estinzione della letteratura: la sostituzione definitiva del protagonista della rappresemazione con 1'(ex) autore e il superamento della rappresentazione nella verità delle tracce, impronte, oggetti. Si tratta di acquisizioni ormai definitive di importanza fondamentale, che risalgono alla seconda meta degli anni '50, ma prima d'allora erano gia comparse nelle avanguardie storiche (specie nel  futurismo) sia pure più nella pratica e meno come teorizzazioni; eppure attraverso i deboli, oscuri tramiti di operazioni estetiche sempre meno ascrivibili a questo o quel tipo di espressione, e attraverso rivistine circolanti tra adepti, presero a colare irrimediabilmente, per tramiti e canali sotterranei, fino a dilagare in maniera inarrestabile verso la meta degli anni '60. La storia degli umori segreti ma determinanti di quel che avvenne da allora, ha come suo cuore pulsante le acquisizioni di cui parliamo. Esse sole, in quello che era stato un <<paese di retori>>, portando allo scoperto un attrezzo mentale, un'attitudine psicologica che fino allora avevano indossato la veste e l’habitus letterari, ebbero il reale potere di mutarle in senso <<operativo>>, nel sensibile e nel quotidiano.

25) La perfetta adesione delta sensibilità, orientata al ri/conoscimento di se stessi e delta materia secondo le modalità del fare poi/etico, apre nelle maglie dell'esistente una falla attraverso cui passa massiccia e corposa la nostra realtà, per ricadere poi immediatamente su se stessa in perfetta posizione di <<ricoprimento>> (ri/conoscimento), proprio come per millenni si è tentato, di fare senza riuscirci, attraverso i tradizionali modi dell'estetica che ora si comincia a lasciarsi alle spalle.
Il progetto, pur sempre mentale, si liquefa nell'atto operativo, <<salto a spensare>> in direzione della materia, momento iniziale di una implosione materica senza ordine, senza struttura, senza storia. E se il progetto manca nell'attività erotica, questa energia tanto connessa con 1'esaltazione della centralità del corpo e delta materia, ci offre, qui, ancora, un modello grammaticale e analogico del porsi in fenomeno dell'esperienza estetica. E’ la realtà massiccia che ricade su se stessa e ritorna a ribadirsi, ma è anche costantemente diversa nelle circostanze, pienezza del possesso (non del dominio), che, subito dopo ha ancora bisogno di essere ribadita. Ovviamente, parlare, scrivere di 6ciò è solo un modo di banalizzare, ma nello stato di cui parliamo la pienezza del nostro essere è immediata ed esclude la dispersione dell'analisi e la sofferenza; queste ritornano subito dopo per essere sconfitte hanno bisogno del ritorno delta pienezza, rassicurante proprio per 1'eternità che reca in se stessa, laddove la disperazione della vita di tutti i giorni è la continua strutturazione dell'esistente. (Come da sempre hanno saputo i mistici, che non a caso offrivano un modello negativo, ma pur sempre un modello, alla giovane scimmia).

26) Così, il nuovo gesto poietico consiste in una sottrazione di se stesso e di altri oggetti all'accidentalità della deriva temporale in cui vagano, per essere ri/conosciuti e vissuti secondo progetto. Il loro ancoraggio at presente si rende possibile fin dal semplice venire in essere di tutto
ciò che si coinvolge nel progetto, allo stesso modo di come il detto ancoraggio è predisposto alla possibilità di essere ulteriormente ripetuto. Codesta dilatazione del presente pone in essere l'unico centro <<oggettivamente>> possibile di aggregazione della coscienza, assolutamente depurato di ogni ipoteca storica di contro alla disperante continua strutturazione dell'esistente, ed è questo il momento in cui si fonda il primato dell'estetico, il valore del poi/etico. La vocazione all'e
terno presente è l'unica via che si contrappone all'eterna efferatezza storica, il cammino finalmente intrapreso in direzione di ciò che fu detto, per comodità di chi preferiva continuare a scrivere, utopia, mai, d'allora, così vicina. E d'altronde fu subito chiaro che la poesia consiste e si
esaurisce interamente net proprio farsi nella cattura del quotidiano; a partire d'allora non cessarono più i tentativi di liberare dal tempo l’oggetto poietico: liberare dal rigore storico il vissuto, riscattarlo dall'inerzia che ce lo mostra come alieno.

27) E’ certo chc ogni operazione comincia sempre daccapo e l’invenzione è nel progetto come nella realizzazione. Proprio per questo in questo campo le novità contano assai meno dell'impiego che se ne fa. Non deve meravigliare pertanto se, nonostante certe dichiarazioni relative a una più ampia libertà inventiva circa l'uso possibile di materiali, i primi oggetti che meglio si prestarono nel superamento della categoria letteraria furono figure ed immagini, come quelle da cui più massicciamente venivamo inondati. Immagini di rapina, prelevate a preferenza dai mass?inedia, ma anche la fotografia (e meglio se sporca e sbagliata dal punto di vista tecnico), il tracciato diagnostico, il diagramma e quanto altro materiale risultasse fedelmente, attimo per attimo, millimetro per millimetro, consistere del tessuto molle e corruttibile del tempo. La mentalità è per ora parallela a quella meramente letteraria e la parola e la scrittura, ove siano impiegate, hanno anch'esse funzione appercettiva e comunicativa, di pari dignità rispetto al materiale sensibile. Perché, invero, qualunque possa esserne una sempre possibile interpretazione (come avveniva per il letterario) è certo che questo materiale, così trattato, trovato, accumulato, semplificato, smembrato o rimontato, vale per quel che è, per come si offre allo sguardo, all'appereezione. Esso non è altro che il momento in cui fu progettato l'insieme, e l’insieme consiste nei momenti in cui fu creato; quei momenti sono tutti lì e non nella maniera volatile e soggettiva del rimando operato da parole costruite dopo, da altri, su una minuta, bensì fissato lì, una volta per tutte, svincolato da ogni significazione d'origine e rimesso a fluttuare, palpitare in una dimensione che vuol essere definitiva, ancorché non definita.

28) E’ un fatto che la vocazione all'eterno presente e la mentalità dell'impronta e dell'oggetto sottratti alla deriva temporale non possano attribuirsi ad altri che al protagonista, o meglio all'ex protagonista dell'opera letteraria ora identificabile nell'autore del progetto e della realizzazione. Neurosentimental (di chi scrive, 1963), qui citato a puro titolo di esempio riporta alcune esplicite annotazioni al riguardo ed appare fondato su tali principi. A riprova di quanto affermiamo non dovrebbe essere difficile provarsi ad applicare ad esso il <<sospetto>> di cui parla Natalie Sarraute. Non si era che all'inizio, ma quell'eros, quel pathos che il titolo lega insieme come in esponente, consistono proprio in quelle immagini agite ed annotate di mano diretta (o a macchina come in figure), con tutto un loro corteggio o di demoni oscuri, privati e feriali>> c di quant'altro si voglia aggiungere, purché non si dimentichi che i momenti della loro fattura sono essi stessi, trovati, vissuti c rimontati, come si diceva. Così, riconquistata 1'egemonia sul tempo e la possibilità di destorificarlo, rimangono aperte le chiuse che ostracizzavano la vera vita finora assente.

29) Ma, come tutto ciò che vale la pena di fare, 1'avanguardia o quell'insieme di manifestazioni che viene così definito, è perdente, per definizione se si vuole. E inoltre, proprio perché, una volta acquisiti e posti in essere i nuovi modelli operativi, sempre più numerosi cominciavano ad essere i gruppuscoli in avanscoperta, s'imponevano ulteriori verifiche, si richiedeva la riprova delle teorizzazioni. La ritrovata identità di soggetto ed oggctto poetico, nonostante venisse indicata come s’oggetto poietico, proprio per porre l'accento sul fare/farsi delta poesia, sullo spostamento dalla parte della materia di entrambi i termini altra volta irriducibili, nonostante tutto ciò, continuava ad attirarsi tacce d'idealismo, disimpegno. oggettivismo formale e perfino divertissement, a seconda dei punti di vista e degli umori del critico di turno, sconvolto non da questo discorso, che neppure si prendeva la briga di andare a verificare, ma dagli esiti pubblici cui dava luogo, come mostre o interventi urbani, o come il primo arrivo a Napoli a meta degli anni '60 del Living Theatre organizzato da Carpentieri. Nasce cosi il progetto sperimentale della <<microsocietà>>, collocata <<fuori>> della grande società che vive al di sotto dei propri mezzi. A detto progetto diede vita 1'esasperata sensibilità di alcuni che vi si ritrovano come nella condizione di una presa di possesso della realtà: <<noi passiamo attraverso le strettoie del costo della vita ecc.. Siamo contaminati fino all'osso. Chiamiamocene fuori. Fuori dall'autobiografia e dalla cronaca. Queste cose ci sono, sono anzi 1'esistente, che però non è necessario>>. Quasi a controprova osserveremo che la sterminata, raggelante autoprestazione della città, in cui consisteva il <<dentro>> contrapposto al <<fuori>> (La disoccupazione mentale>>, 1972), si compose dei documenti prodotti dalla città stessa, ufficialmente, in forza del suo fisiologico, orrendo <<realismo>>, al modo stesso del suo <<impegno>>: essi sono gli stessi oggetti che non rientreranno mai in un progetto poietico se non a titolo parodistico.

30) Come per la città, così anche per l'accademia. Non va dimenticato, del resto, che, anche come semplici casi di fluttuazione statistica, le giovani scimmie realizzano quel che si dice formazione individuale, per la quale oltre tutto finiscono anche con l’assumere l'unica funzione sociale possibile, almeno nell'immediato, che è quella del testimone scomodo. Anche per tal motivo, che in definitiva risulta strettamente autobiografico, occorreva un'ulteriore verifica a livello accademico, come del luogo dove l’esistente trova le sue giustificazioni e strumenti teorici, e non attuare come accadde alla fine degli anni '60 risibili fughe verso le porte delle fabbriche, come quelle che avrebbero condotto alla terra promessa. Occorreva, cioè, dimostrare che i sacri penetrali del sapere non erano <<indifferenti>>, ma erano il <<cuore del luogo comune>> e ciò venne fuori da una inchiesta, condotta in un ambiente accademico, con strumenti ed interventi accademici, sul <<problema del limite>>, prendendo a pretesto Wittgenstein e la tautologia. Naturalmente le risposte risultarono solo più o meno brillanti esercitazioni accademiche, osservando tutte la più stretta ignoranza delle domande. Momenti di verifica angoscianti, ma esaltanti al tempo stesso, tali operazioni non facevano che confermare il primato dell'estetica come per l’appunto il primato del poi/etico, vale a dire il contenuto, dell'etemo presente. Nonostante che quasi in sintonia cominciassero a prodursi e circolare le prime <<ipotesi per una società estetica>>, esse risultavano per lo più discorsi sfasati rispetto all'argomento, orecchianti, nel migliore dei casi, la banalizzazione di quel famoso <<l'immaginazione al potere>> ormai anch'esso luogo comune.

3 1) Un bilancio in sede locale (se si vuole) dell' attività estetica nell'arco di quasi trent'anni mise in luce la differenza tra l’amministrazione ordinaria dell’esistente e lo stare <<fuori>>, ed esso non fu certamente una identificazione del <<noumeno>> ma la conferma di una via da seguire peraltro gia praticata. In tal senso, il riscontro e la verifica dell'opera solitaria e isolata di Emilio Villa, nome già riportato nel corso del presente intervento, e quello relativo alle <<tavole parolibere>> futuriste offrirono, secondo una prospettiva minima, l’avvertenza a non fidarsi mai delle rivoluzioni di palazzo e di quelle pretese rotture che fin troppo presto si rivelano semplicemente come il limite neppure estremo di quel che c'era prima. Tutto va indagato più a fondo, riscontrato e verificato per la presenza dei principi che. in aggiunta a quelli fin qui indicati elencheremo di seguito, a conclusione del presente scritto, alla rinfusa, e possono essere il silenzio pedagogico, la comunicazione non?verbale, la piccola animazione di quartiere e la grande, la liberazione del corpo come azione pubblica, la sincronicità e l’eterno ritorno dell'uguale, la rivisitazione istantanea del passato e l'arte della memoria, la manualità e il contatto fisico dei corpi, l’insierne dei rapporti fra i corpi e la produzione di materia organizzata?organizzabile, la mente come rimando e il presente come senso del mondo, l’splorazione del cosmo come riconoscimento dei motivi che portiamo con noi... (1982).


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