VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
Electronic Center of Arts

Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art

Calamus
Documenti


L'eternità commestibile
Conversazione di
Luciano Caruso, Arturo Fittipalidi, Felice Piemontese, Renato Carpentieri
1967

   
Utopia come progetto del futuro / — si deve partire dall’analisi dell’usura che subisce il prodotto culturale: esiste una sf era di alta cultura che è come il “serbatoio” dell’industria culturale e assistiamo al volgarizzamento di tutti o quasi i motivi che vengono elaborati in questa sfera più o meno di èlite / prima o poi questi prodotti vengono volgarizzati anche se hanno una precisa intenzionalità eversiva e finiscono con l’essere comunque inglobati assorbiti diventano patrimonio ad uso e consumo del midcult — ponendoci in una linea eversiva un primo quesito si può formulare in questo modo: esiste la possibilità di una cultura che non sia destinata ad essere inglobata dall’industria e diventare merce: un quesito generalissimo all’interno del quale si possono toccare infiniti problemi e primo fra tutti che in questo tipo di struttura razionale (razionalizzabile) dei rapporti culturali (rapporti con la stessa industria — fruitore utente ecc.) sia inevitabile questo fenomeno cioè che prima o poi malgrado la resistenza presentata da certi prodotti (vedi il bidet di Duchamp museificato e riprodotto in serie) insomma si ha bisogno di una ragione nuova / può anche sembrare ingenua la domanda se esiste la possibilità di una cultura comunque refrattaria al volgarizzamento e all’usura — ad ogni modo l’argomento è affascinante perché presuppone anche la possibilità di una eversione a livello di intero sistema culturale (mentale) per restare fermi ai nostri interessi / l’argomento è proprio questo: è possibile questo tipo di cultura e se non lo è cerchiamo di dirci perché / credo che oggi di fronte al volgarizzamento del surrealismo (sta impregnando la stessa cultura di massa — troviamo molte soluzioni banalizzate specialmente nella pubblicità è facile concludere che la matrice è il surrealismo storico — ma forse questo allargamento può anche significare che da questo possa venire la possibilità che si diceva — tenendo conto che pure ha segnato il limite insuperabile della struttura razionale tradizionale / a meno che non si consideri il fenomeno Dada (l’afasia dada) come l’espressione limite di un esigenza del genere lasciare da parte il problema e basta forse / però arrivare a queste conclusioni significa che si nega anche la sola possibilità di una cultura del genere / ci sono due associazioni da fare in proposito — una è quella di Sartre: i surrealisti hanno ucciso la propria madre o hanno tentato di farlo e allora siamo ancora nella stessa condizione / che c’entra: forse siamo ancora in una condizione romantica / appunto — e poi la critica di Fortini: il tentativo di voler liberare l’individuo e non Ia classe / e seconda associazione — Ia teoria dell’assoluto di Blanchot: Sade è eversivo perché è I’assoluto — il suo romanzo crudelissimo è insuperarabile / forse le due associazioni nei surrealisti non vanno separate perché al limite la loro esperienza ci ha portati a capire che l’uomo non può spiegare tutto usando solo il sistema razionale ci sono alcuni lati della realtà che restano oscuri quindi interpretata in questo modo l’esperienza surrealista può darci un avvio / quel salto che diceva Calvino nel Menabò a proposito dei due tipi di cultura quella razionale quella di Majakovskij e quella viscerale-vissuta (Celine) cioè il salto che esiste fra l’analisi generale (razionale) storico-dialettica e l’individuo: era quello che dicevo in parte io: una cultura storica per qualche sua insufficienza di fondo (come sistema mentale) — e che arriva anche a comprendersi insufficiente estremizzando il suo stesso sistema — porta ad un tipo di cultura arida-astratta (e perciò repressiva) di tipo illuministico — a questo punto sorge l’esigenza (è qui che s’innesta il problema di una cultura refrattaria) di un sistema secondo che non sia quello razionale — dato che questo nostro sisterna è minato di continuo da certi fatti che potremmo chiamare irorna ecc. /il concepire la coscienza dell’uomo come un sisterna di relazioni spiegabili l’una rispetto all’altra è cosa molto diversa dal concepirlo in fondo come scarto continuo fra il piano della sua realtà e il piano surreale — in questo senso voglio dire che un discorso sull’inconscio oggi viene ad essere per forza di cose un discorsoprovocatorio / voglio dire che la carica provocatoria che può avere oggi un discorso come questo che stiamo facendo (richiamandoci appunto al surrealismo) è proprio questa — nel senso che si pone come contraltare di una dimensione di nuovo eminentemente razionalistica (neopositivista) / ma considerando certi fenomeni della neoavanguardia (che resta nella contraddizione sottolineata da Calvino come si diceva) e che pure era partita da postulati estremisti e invece ci dà un prodotto organizzato razionalmente — in cui viene abolito il fantastico la sorpresa — a questo punto ci si deve chiedere se non sia questo sistema di segni così come è strutturato globalmente e che loro usano mutandolo appena di valenza a non funzionare / perché non si tratta di mutare alcuni schemi (con altri schemi) all’ interno di questo sistema ma di contestarlo nella sua totali — e arrivati a porci questo quesito non si tratta più di stabilire se l’inconscio sia provocatorio — ma di chiederci se a livello ultimo del razionalismo ci sia qualcosa che ci permetta di andare oltre: di fondare un sistema secondo / sembra che dici: poiché questo prodotto viene progettato programmato seguendo certi schemi razionali che poi sono gli stessi alla base dell’industria culturale è chiaro che verrà comunque inglobato: a questo punto il problema è di sapere se esiste la possibilità di un progetto diverso / cioè di un modo diverso di produzione / appunto lui arriva a delle conclusioni che hanno pure un certo rigore — ma credo che non si possa dare una risposta / pare che l’unica alternativa sia il fallimento il rifiuto / appunto / allora considerando come punto di arrivo il fallimento ma di tutto un sistema / chiamiamolo vocazione al fallimento / ma che vocazione qui si tratta di fare una scelta precisa / anziché chiamarlo fallimento si potrebbe chiamarlo valore puramente negativo di un tipo di esperienza di lavoro / è per questo che stiamo facendo questo discorso — perché avendo fino ad oggi continuato a produrre un certo tipo di scritti (idee) — ci accorgiamo che non è più possibile — perché queste cose malgrado la nostra diciamo pure vocazione vengono consumate — e viene distrutto il grado di provocazione che dovrebbero avere / questo problema va visto in una dimensione più vasta diciamo pure sociologica / ma dobbiamo guardarlo dal punto di vista dell’operatore — cioè ci interessa dal punto di vista della produzione delle idee più che da quello sociologico / credo anche come operatori — come uno che scrive certe cose — nel momento in cui le faccio mi debbo chiedere proprio questo — a livello quanto più possibile scientifico tanto per capirci — cioè cercare di capire quello che faccio io ha un certo effetto e come c’è la possibilità — se c’è — che non lo abbia e ne abbia un altro / quando per esempio scrivo un romanzo debbo pure chiedermi questo romanzo a chi va e come viene fruito / piuttosto che formulazioni generali comincia col dire secondo te come viene fruito perché si potrebbe cominciare a discutere se ci troviamo di fronte a un fruitore oppure c’è una responsabilizzazione del prodotto (come sosteneva una volta lui) e si deve tendere ad un utente / va bene ma queste sono formule / appunto — conviene compromettersi con affermazioni più recise / è meglio formulare la questione in un altro modo: che senso ha oggi fare poesia romanzi e altro / siccome ci siamo fermati su questo problema della fruizione vorrei dire questo che è impossibile prevedere tutti i modi o i lati in cui qualsiasi prodotto artistico verrà fruito / va bene — formuliamolo ancora in un altro modo — cioè che rapporto ha chi scrive con il suo pubblico — e se esiste un pubblico particolare a cui si indirizza — e se esiste qual è — oppure non esiste o ancora lo rifiuta — cioè rifiuta l’idea del pubblico e si limita ad elaborare progetti / forse è più accettabile questa seconda idea: lo scrittore non si pone il problema del pubblico / qui siamo partiti dal fatto che tu comunque te lo devi porre: lo risolvi casomai nel senso di rifiutare e faredei progetti fine a se stessi perché sei di fronte ad un sistema in cui hai una possibilità d’azione marginale / o ti poni il problema del pubblico allora o quello dell’industria culturale — si tratta di una precisa intenzionalità — devi sapere questo prodotto tuo dove va (o almeno chiedertelo —perché è inutile allora che discutiamo è eversivo o non è eversivo / eversivo appunto nei confronti di che cosa / e né può essere un’ eversione puramente letteraria / cominciamo a fare un’analisi della produzione corrente — perché condanniamo certi prodotti della neoavanguardia o certi suoi atteggiamenti — perché è fin troppo chiaro che malgrado certe analisi sulla funzione del mercato — dell’usura dell’opera ecc. continuano a produrre per l’industria e c’è di più: alcuni si pongono anche il problema di produrre su misura per l’industria — quelle analisi restano e resta anche la definizione dell’avanguardia come rifiuto dell’industria — della produzione in serie — e rifiuto cosciente degli schemi correnti — ma dobbiamo tornare a riconsiderare con spirito critico diverso certe istanze della nostra formazione — in cui entra anche il nostro marxismo / che significa quindi anche interpretare l’arte come merce — e credi che sia possibile sottrarsi alla legge del mercato? — perché semmai l’esperienza della avanguardia dimostra alla fine che non è possibile / a questo punto ritorna quello che si diceva prima: cioè che non ci interessava dimostrare che l’uomo non è una relazione semplice ma un superamento continuo di se stesso — e non ci interessa essere eversivi rispetto all’ideologia della borghesia contemporanea — ma solo il rapporto con questo fondamento marxista della nostra formazione / direi anche di più: non si tratta nemmeno di ideologia borghese ma di fondamento razionale del nostro sisterna di vita — cioè rifiutare quella parte dell’uomo che è ragione: la ragione che ci porta a guardare indifferenti come unfatto inevitabile anche la guerra ad esempio / dico è possibile trovare nell’ uomo qualcosa di diverso su cui fondare un sistema diverso di interpretazione del mondo — chiamiamolo pure ironia fantasia scarto: ecco questo fa pensare che sia possibile arrivare a condizioni diverse — con il superamento del tipo stesso di uomo che conosciamo / è solo una domanda che faccio / perché poi è su questo che s’innesta la possibilità di fondare una cultura diversa che si può anche esprimere secondo modi che non conosciamo / tu pensi che qualsiasi rapporto con l’industria culturale sia un fallimento di questa esigenza / certo — l’industria culturale è sottoposta a certe leggi ben precise di mercato — per ciò inevitabilmente si finisce alla degrazione del prodotto a merce — non esistono sfere di attività privilegiate / ma il problema è anche di produrre cose che sia impossibile affidare all’industria — o che sia pure affidate all’industri a siano eversive lo stesso / mi rendo conto che fondare un nuovo sistema o solo intravvederlo resta un’esigenza mentale e addirittura di carattere utopistico però non è detto che l’utopia non sia molto più lucida della stessa ragione — appunto perché questa esigenza si presenta quando si è arrivati in un certo senso al punto estremo del razionalismo ed è possibile un rovesciamento / forse nello stesso senso che anche il marxismo si delinea come utopia — che con il comunismo finisce la storia come noi la conosciamo — e questo a voler schematizzare / tu dici che noi facciamo certe cose e non ci rendiamo conto che nonostante tutto vengono assorbite: ci si può chiedere se vale la pena di continuare a farle — sembra che questo punto lo dai comunque per scontato / non dimentichiamo che viviamo in una società capitalista: in questa situazione il nostro marxismo per quanto razionale assume un aspetto di utopia rispetto al gruppo alienato e di progetto per mutare la realtà: è inutile e anche dannoso illudersi di poter applicare direttamente certe teorie marxiste in questo tipo di società come uno schema precostituito (idealista) che spieghi tutto — perché ci veniamo ad inserire in un campo completamente diverso sottoposto ad infinite tendenze ed infinite relazioni — così il nostro marxismo non può essere coscienza della storia ma è progetto di storia — è in questa visione che va bene il gesto di rifiuto/ ma questo significa per te già ipotizzare un mondo marxista — rifiuti ogni mezzo che ci offre l’industria culturale non potendo aver se non a livello di progetto il marxismo / vivendo in questa dicotomia: che ci muoviamo in un campo diverso pur avendo coscienza di questa esigenza di superamento — pur restando sottoposti a relazioni che non stabiliamo noi — cioè ci sfuggono i mezzi di dominio di questa realtà — allora il nostro lavoro si deve porre come rifiuto totale di queste regole che non ci appartengono — è chiaro che altrimenti non ci sarebbe nessuna dicotomia / va bene — allora mi devi far capire in che cosa è diversa questa posizione dal fatto di rifiutare la propria madre — cioè come qui è presente la coordinata marxista se resta a livello di progetto e di utopia / cioè una volta accertata la situazione colpendo e rifiutando qualunque cosa dei miei genitori / ma è l’unica cosa che puoi fare: rifiutare di sottostare a certe regole per quello che è  possibibe sfuggire al condizionamento — perché non sei tu a stabibirle e non le accetti / poi qui si tratta di certe cose che fai tu — cioè se scrivi in un certo modo è proprio perché accetti quel progetto di futuro / forse c’è un equivoco sulla parola progetto / volevo intendere utopia come progetto del futuro e in questo senso il marxismo è la utopia più lucida che conosciamo — più scientifica ecco — che diventa anche il principio euristico in quanto scientifico del nostro particolare operare / benissimo — allora da una parte c’è in noi l’utopia di questa società e di questi rapporti — dall’altra il nostro comportamento è del tutto distaccato da questo progetto che dicevi perché la nostra azione si svolge in tutt’altro campo / ma proprio perché ho presente questo progetto mi muovo in un certo modo nel campo in cui vivo — proprio per questo mi pongo il problema di una cultura refrattaria a certe leggi di mercato o addirittura al gruppo alienato — oppure mi proporrei solo una questione di qualità — se poi il prodotto viene ridotto a merce usurato ecc. non avrebbe nessuna importanza — perché intanto è l’unica regola che conosci — ti muovi in un modo che non è quello consueto perché esiste come realtà culturale quest’utopia negativa — che resta negativa perché siamo in questo campo preciso che non puoi annullare con un semplice atto di vobontà / e in fondo tutto il problema della storia in marx termina con un’utopia: una ragione nuova — quindi non c’è da meravigliarsi se esiste questo scarto fra una realtà condizionata e un progetto del futuro — anzi lo trovi alla base di molte operazioni artistiche / sono d’accordo che è alla base dell’operazione ma non vedo / dove sta la rivoluzione / ecco — solo che non c’è rivoluzione: partire da questo è illusorio — proprio perché non è possibile uscire dal campo con questi strumenti che hai: ci ritroviamo di fronte alla neoavanguardia che è partita con la volontà di fare la rivoluzione e ha fatto una rivolta di palazzo — adesso dovrebbe risultare chiaro che è possibile instaurare solo un momento negativo — cioè proprio in quanto il marxismo è un progetto negativo — cioè un’utopia rispetto alla realtà mondana — noi possiamo instaurare nel nostro lavoro un momento di totale rifiuto: formulare un’ipotesi “amondana” — perché se ci illudiamo di poter utilizzare quest’utopia all’interno di questo campo di relazioni che ci sfuggono significa fare il “socialdemocratico” pronto a piangere sulbe sorti della cultura e dell’anima bella — intanto ecco a questo punto zero a cui siamo arrivati si ripresenta la domanda se è possibile delineare una cultura altra — forse dobbiamo concludere che non è possibibe / per esempio sull’ultimo Marcatrè si può leggere che in fin dei conti Emilio Villa è stato un personaggio molto importante certo — che si è sempre mosso al
di fuori di tutto e ha sempre perso le occasioni più belle — e lo si dice quasi come fatto da ascrivergli a colpa — mentre mi sembra l’unico in Italia che si sia proposto in modo preciso questo problema del rifiuto — come pazzia addirittura — e se la pazzia è l’unico modo per sfuggire ben venga la pazzia / mi sembra strana questa pretesa di poter teorizzare come posizione dell’artista una specie di pazzia programmata — il problema resta: o tu veramente sei pazzo e sei arrivato alla fine della tua ricerca — il problema è che non si può riuscire a fare il pazzo — così  come non è possibile una teorizzazione della follia / non a caso prima dicevo che l’esigenza di un sistema altro resta un fatto mentale — cioè questa esigenza basata sulla presenza nell’uomo di uno scarto rispetto a se stesso faceva pensare possibile un sistema secondo di segni — un diverso rapporto uomo vita — vita letteratura (e altre formule) — e tant’è vero che resta un’esigenza mentale che non riusciamo nemmeno a formulare nella sua pienezza — resta l’ipotesi che noi facciamo e che non possiamo delineare nemmeno fino in fondo / credo che sia impossibibe anche porla come ipotesi / siamo ancora di fronte al discorso dell’assoluto: o sei pazzo veramente albora sei eversivo — oppure non sei niente: sei la noavanguardia oppure solo il Gruppo ‘63 / si resta in una situazione di stasi / secondo me se tu sei assoluto sei valido — oppure non significa più niente tutto il ragionamento / allora concludiamo che è possibile avere una cultura refrattaria solo se raggiungiamo un grado di vera follia / ma la pazzia è anche misticismo — volontà totalizzante potremmo dire senza corrispondenza con le cose — si tratta di vedere se in questo misticismo c’è una possibibità per il nostro ragionamento — per fare un esempio: Artaud uno degli assoluti come dici tu si basa sulmistero la fantasia la amistica — fatti mentali completamente eretici — al di fuori di tutti i parametri culturali accettati nella sua epoca e anche delle coordinate marxiste nella misura in cui afferma in quel modo violento la sua particolarità — perché va al di delle capacità del marxismo di intendere l’uomo concreto — perché va alla ricerca dell’essenza stessa dell’uomo e cerca di delineare una possibilità umana diversa scandabosa rispetto a quella fino allora conosciuta / mi sembra sbagliato — in Artaud non si tratta solo di una possibilità umana ma della possibilità di un teatro totale / e non trovi che in questo ci sia anche un’interpretazione dell’uomo — perciò parlavo di misticismo e di metafisica: Artaud è un Grande Veggente perché non si ferma al teatro — tutta la sua forza sconvolgente si esprime è vero nel teatro ma potrebbe incanalarsi in N possibilità di espressione — perché la sua rivoluzione mentale è veramente raggiunta / quando prima parlavi di follia o non follia mi pareva di poter arrivare a una conclusione provvisoria di questo discorso — sia pure solo a livello di poetica — pronunciandoci per una specie di mimesi della follia: di un certo tipo di follia comportamentistica e linguistica — però è sempre una conclusione parziale e di natura letteraria — da considerare invece anche un’esigenza di azione nella realtà molto precisa — di tipo rivoluzionario ecc. — bisogna vedere se c’è questa possibilità di azione nel momento in cui faccio un’operazione letteraria che tende ad essere programmaticamente mimesi di una certa follia / il discorso forse si può riformulare così: è possibile delineare un rapporto nuovo fra vita e letteratura — cosa che la neoavanguardia ad esempio e specie il prof. Sanguineti si rifiuta di fare restando all’interno di una precisa tradizione letteraria — perché con un’esigenza come quella che dicevi non ci si può rifiutare a questo rapporto né di chiarire l’influsso che hanno l’una sull’altra / scusa lui parlava di mimesi della pazzia — non si tratta di una operazione del genere — ossia si tratta di una pazzia reale effettiva — una pazzia conquistata e scandalosa che può assorbire anche il suo problema di azione concreta — se si parla di mimesi si fraintende anche Artaud — in lui il teatro assolve una funzione totalizzante — cioè era scrittore poeta mistico anche uomo d’azione — ma tutto era teatro è teatro con un nuovo attore — al limite un uomo nuovo che si mostra qual è nel suo profondo — un uomo riscoperto nei suoi soffi (souffles) nei suoi respiri che uccidono / ma questo conferma quello che diceva prima lui: non riesco a capire dov’è la differenza / il problema è questo Artaud non si poneva il quesito di un’utopia negativa — nel senso di utopia positiva in sé che nega il mondo — ma la sua utopia era negativa e negatrice / adesso si potrebbe riprendere il discorso sul pubblico che lui aveva cominciato e che è stato trascurato: è vero che l’artista cob suo lavoro si muove nell’ambito di un’utopia gbobale negativa-positiva (oppure negativanegatrice) — ma il pubblico d’altra parte riesce a consumare a certe condizioni e ad applaudire anche lo sberleffo cioè lo scandalo non ha più una carica di sorpresa — ed è questa povertà qualitativa della meraviglia che produciamo che ci fa dubitare del nostro lavoro / il pubblico non ci può servire a questo punto che per dichiararci nemici — e non dipende solo dalla qualità dello sberleffo ma da quel rapporto che sei riuscito ad instaurare fra vita-teatro e vita betteratura: da questa situazione non può scaturire
che uno sberleffo tale che ib pubblico non potrà mai accettare — cioè la condizione di /

funambobo in cui esisti solo nel momento in cui ti muovi sul filo — che significa una situazione di estrema precarietà — al limite delle capacità mentali — appunto una pazzia conquistata — cioè quando ti muovi sul filo come dice Genet sei scintillante — hai tutta questa forza ed è l’unica tua vita — allora non credo che possa uscirne una comprensione ecumenica e quindi l’applauso o la tranquilla digestione / dev’essere una pazzia talmente razionale da superare i limiti stessi della ragione e riuscire spaventosa per il pubblico — perché significa che all’interno del prodotto c’è una carica tale di eversione da avere bo stesso potere di scandalo della pazzia — questo permette forse di resistere all’usura per un certo tempo — perché può essere anche digeribile ma avvelenata / mi sembra che a questo punto traiamo delle conclusioni simili (sia pure estremizzate) a quelle di Di Marco sulla illeggibilità che a suo tempo lasciava perplesso qualcuno di noi / la mia posizione su questo punto mi sembra ancora valida: ogni prodotto illeggibile richiede solo strumenti nuovi di lettura — l’unico atto veramente illeggibile resta quelbo di Rimbaud: dopo questo gesto il problema dell’illeggibilità è un problema apparente limitato — mi sembra molto più importante riuscire a portare la forza scandalosa del gesto di Rimbaud nelle cose che produciamo e mi chiedo se è possibile / questo significa che è leggibile ma refrattario ad essere digerito tanto per chiudere in qualche modo su questo argomento — come vedi il suo gesto ci scandalizza ancora oggi / vorrei solo aggiungere che non si tratta di un processo che avviene a tappe — questo il punto che bisogna sottolineare: o tu sei capace di conquistare la forza scandalosa della follia oppure fallisci del tutto /


Home