VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
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Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art

Calamus
Dediche

al padre


Se n'è andato
di Emilio Piccolo

   

Se n’è andato, mi disse mio fratello la mattina alle 7.30
che gli portai il caffè in ospedale. Io non capii subito.
Poi lo vidi là, dietro un paravento,
il capo riverso sul cuscino e gli occhi che non c’erano più.
Morto, come solo due mesi mesi era morta mia madre,
il padre che avevo amato quando mi aveva amato
e aveva odiato quando mi aveva odiato. Morto.
L’avevo lasciato il giorno prima, ed ero andato alla partita
con mio figlio e la sera a vedere un film che non dimenticherò mai.
Poi mi ero alzato la mattina sicuro che in ospedale
il medico di turno mi avrebbe detto: ce la può fare.

Era il 22 aprile, domenica, e le nuvole nel cielo mi ricordavano
le nuvole che appena due mesi prima di notte avevo guardate
mentre mia madre sul letto attendeva che qualche vivo
componesse il suo corpo, e il suo vestito, nella dignità della morte.

L’ho pianto, come non ho pianto mia madre.
Non ho ricordato che non era stato mai tenero con me
né mai mi aveva perdonato che ero troppo simile
ai sogni cui aveva rinunciato per paura.
Non ho pensato che qualche volta avremmo potuto risparmiarci
le crudeltà con cui ci siamo feriti e scambiarci un sorriso,
o una carezza, senza vergognarci di sentire
ciò che non volevamo sentire.

L’ho guardato sul letto, le mani che non potevano più muoversi,
gli occhi chiusi di chi dorme perché è giunto il momento
di dormire. Ho pianto. Tanto. Ma nella stanza non c’era nessuno
e nessuno mi ha ascoltato  quando ho urlato balbettando: papà.

Anche ora, mentre scrivo, piango. E ci ho messo dieci mesi
per scrivere di lui. Avevo difficoltà, non trovavo le parole
e quelle che mi venivano mi davano fastidio.

Poi, stasera, mi sono ricordato della mattina che alle 7.30
ho portato il caffè a mio fratello e lui mi ha detto:
se ne è andato. Ho ricordato che non mi voleva vicino a sé
mentre soffriva perché pensava che non ero capace
di stargli vicino e dare aiuto a uno che soffre.
Io, un po’ poeta e un po’ buffone che non so fare di conti
e non ho ancora capito che si è uomini solo se si rinuncia
ai propri sogni. Ma non mi sono arrabbiato né indispettito
se non sono simile al fratello che gli somigliava.
quanto basta per esserne la copia imperfetta.
Non mi sono neanche ribellato all’idea
che potesse fare a meno di me, come ha sempre voluto fare
senza mai farlo. E ho continuato a scrivere,
dopo essere andato in bagno ad asciugarmi un pianto
di cui non mi vergognavo.

Ho urlato balbettando: papà.

Poi sono andato a letto. Ho spento la luce e nella stanza buia
ho sentito che non ero solo, come lo ero
quand’ero bambino.


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