VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
Electronic Center of Arts

Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art


Calamus
Almanacco di poesia


Ciro Vitiello

   
1. in gondoleta o sul bagnasciuga arachidi sgrani
2. mi ottundo dopo amore, la civiltà si abbassa
3. tangenti, uccelli da tetti in fila vanno
4. dalla memoria, dove spunti muta
5. girando in sala C per te  che auscultando
6. frontale mi sei, sole, sulle facce ti spappoli, io inanello
7. indovino la mobile casa e la coppa
8. addiziono perdite, adduco qualche
9. luna marcita, notte infeconda, ossifica



1. in gondoleta o sul bagnasciuga arachidi sgrani  

in gondoleta o sul bagnasciuga arachidi sgrani,
adorni lini con farfalle d'oro o d'argento, sarai
bella spina, circolo impresso o tombale graffito di cilicio:
i sogni sono colorati davanti al tuo spazio, in ordine
nuovo, forse morte è buona serotina, lo spettro
ti dissipa nel divaricare oltre i cieli, qua natura
è decrepita e razionale, e uomini là...

2. mi ottundo dopo amore, la civiltà si abbassa

mi ottundo dopo amore, la civiltà si abbassa,
finestre sono opaline, denti luminosi (o è notte)
"perché dopo il piacere viene il dovere", in bianco
o a colori sempre sevizio il tuo cuore, in poltrona
visioni tutte decorate rimescolo, è il fortunale
nella mia testa di cieco, e sto in cartoline
con mari di scogli e di vele, ma tu per oblique
crescite pensando "primo agosto, la luna è bella"
recupero recessi carnali, per te FERMO IL
PASSO vibro nelle palme... 

3. tangenti, uccelli da tetti in fila vanno

tangenti, uccelli da tetti in fila vanno,
fissa all'albero la pietra nel tonfo fischia,
e per serpeggianti vizi sul lastrico danzi nuda,
dai setti veli, al vento ingravidi il ventre
ed emani vindici fermenti in un certo reame
o è la tua città, se dismaghi, impalpabile mia
impavida ostia libertaria, alberi e sequoia
e templi ritorce il sole rosso sui capelli
o nella bocca squami, mia tenera tessera,
mercificata in questo pallore, quanti erettili
passi annoveri ove vengono gnomi
e ti svuotano.

4. dalla memoria, dove spunti muta

dalla memoria, dove spunti muta
e felice, non più, nel quadro di sole, salgono agavi, formiche,
ma sulla tua liscia pelle, '59, è già luglio feroce, e sotto pini
ti tocco, inerte, e mi fissi parlandomi dipinta
di seta bianca e rossa, tra rovine e mnesi, il moto sempre
discorda piacere e corpo, se il colpo secco graffia la bella
tua carnagione:
la ruota riversa gira e gira oltre ogni storia, e bambola sei,
chi sono, che ti cullo, e ti bacio fredda;
svengo bruciando carte e libri, e deperito misuro
la fine nei gridi di pipistrello.

5. girando in sala C per te che auscultando

girando in sala C per te che auscultando
antica istoria da astragali ed armille è la tua mano
il tuo corpo che mi ledono e mi fingo intessuto
di miraggi dove è la mummia e la barca, e nella tela
corrono i morti,
è il libro illeso, è l'occhio fisso, tu, ancipite
accompagni il viaggio oltre la sorgente chi sa luce,
e ignifuga bambina ti fai larva e voli dispari
sugli azzurri ed io per vetri seguendoti
sopra cupole e tetti,
obliqua sta la calida alba e quando acceco
e misero avanzo qui non è più temporale
cammino sul mare o discendendo il fiume
sacro la lieve feluca verso il nulla
dei mani sprofondati,
se andare è solo speranza ultimo grado,
e porto le mani in croce e vitrei gli occhi e
c’intorbida l'aria muffita del serial progredire
alla sponda oscura: attendere saprò
chi non può tornare?

6. frontale mi sei, sole, sulle facce ti spappoli, io inanello

frontale mi sei, sole, sulle facce ti spappoli, io inanello
la rosata sposa: da questa loggia l'aria spaziale mi origina ,
tu mi schianti accogliendomi tra le tue braccia:
mentre la sosta dura, la lingua si corrode, formiche vanno
senza coesione sul selciato, già l'ultima ombra mi copre:
il moto è muto nè alcun battito di fiore s'ode:
dardo di pipistrello acceca voluttà e viso, e migrare
in terra estranea non più sana: cenere, mi smarrisco
tra chele, qui l'indifferenza è malanno.

7. indovino la mobile casa e la coppa

 
indovino la mobile casa e la coppa
assente dell'infanzia, come souvenir
stesso giardino e pergolato e viali, e
ombra cado in divisioni fonde:
è cotesto tuo passaggio buco
dove annuso rose, seni, cagna,
ti copulo in pergamene, tu batti
labile l'ala lungo insano gorgo,
e chi precipiti o chi spunti, io
palpo demenza vaga, in ansie
mi serbo, a poca corda resisto:
seguo dipinta su oscure pareti
la mia sagoma, o la mia storia
è soffio carpendo odori marci

8. addiziono perdite, adduco qualche

addiziono perdite, adduco qualche
prova, calcolo probabili tracce poi
congelo gli occhi di travi in travi:
t’interrogo ma non dà risposte
un dio o loto,
le richieste sono fallite: se cado
nel fosso senza guardare cieli, io
sono tolto da qui e penso che lesto
rovino liquefando nelle lettere
seminali

9. luna marcita, notte infeconda, ossifica

luna marcita, notte infeconda, ossifica
l'anima lasciva; amica pianta, dona la tua ombra;
acqua, rispecchia la mia fronte. Avvoltolato
sono scisso e tremo folle in una nenia;
notte bruta, ricoprimi di grida; Oceano,
addolciscimi le vertebre, mi acconcio tra foglie
secche, mi celo in una piuma di nebbia; cielo
pietoso, offra le stelle e l'ombra
che strapiomba. S’inerpica il gelo sulla faccia,
abbiamo nel fiato il nostro fato, entra dalle
tenebre una mano che porta l'ostia
bianca del viatico  


Home