La mamma ha sempre ragione
La mamma ha sempre ragione
mia madre si
arrabbia per come scrivo
e ogni volta
che legge qualcosa
rimpiange il
mio primo libro.
poi continua
che le ho sempre procurato problemi
e che dovrei
cercare marito.
io ci ho
provato, le rispondo, a cercare marito.
allora
attacca che deve essere per quel linguaggio
orribile che
uso e non solo nelle poesie.
le spiego
che agli uomini piace quel linguaggio orribile,
e anche a me.
mia madre
è una donna pratica e questa è una grande qualità.
sei uscita
con decine di uomini, ripete, mai nessuno
che andasse
bene, eppure ho cercato
di educarti
al meglio.
non è
colpa sua,
sono uscita
con decine di uomini
e sono stata
educata al meglio.
secondo me,
insiste, è perché scrivi poesie.
agli uomini
non piacciono le persone che scrivono poesie.
ricapitolando
mia madre pensa che non trovo marito
perché
scrivo poesie.
non è
una cosa seria, ripete, scrivere poesie.
hai ragione,
rispondo
e neppure
leggerle.
Tempismo esistenziale
in fondo
è tutto qui
continuare a
morire
mentre si
vive all’insù di queste
cosce
sollevate
continuare a
vivere
mentre si
guarda all’ingiù questa
poltiglia
infilata da un ditale.
cader di
bocca, sbattere le ali
su questa
carne che pare incisa a metà
che inganna
il tempo
fino a
diventare identità.
La distanza
credevo di
farla franca,
di
incastrare bene il supporto con dita di gesso.
lei non
sapeva nulla
– lui o lei…
o lui o lei –
invece, mi
vedi,
distesa come
un’idiota
mentre
inciampo
sulla cassa
dei tuoi denti,
quando
sorridi e piangi
a me non
vuoi più bene:
a un altro
adesso pensi.
Sine titulo
I
Dovrei
piangere qui, quando accendo l’idromassaggio,
sull’ossigeno
soffocato dai liquidi.
Ma vedi, non
immagino i morti, solo la sostanza,
la
secrezione interna,
gli elementi
del sangue, con imbarazzo,
i piedi
stretti nella fascia bianca, vestito di tutto punto.
“Ma io non
c’entro,
io non ho
fatto niente…l’infarto… lo sa bene”
è
troppo tardi per ricominciare,
o forse, tra
qualche anno, sarò
una donna
arrivata.
II
che vuoi che
ti dica sotto
la coperta
ruvida di un albergo a ore?
c’è
tutto quello che abbiamo
immaginato e
ora la camicia
rattrappita,
la spalliera in legno,
l’orologio
vicino a un riflettore
congeda la
falsità
delle
eccedenze, come fosse
possibile
dire “può darsi”
“casomai”
“forse un giorno” si potrebbe
tornare in
viale XX settembre
e divenire
quel che siamo.
III
incastrati a
doppie
file
lesionate sul ciglio della bocca
via Pacini,
via Romagna fino a viale Gran Sasso,
sulla destra
di piazza Piola
si direbbe
che sia tutto compiuto, anche l’ordine
dell’incolonnato
con raccomandazioni
che non
servono a niente.
IV
quel che si
vede è il massacro del giorno
l’ammasso
incoerente degli accumuli.
ma dietro
s’accampano cose,
quattro
gambe di un letto,
il segnale
luminoso di uno schermo,
la coesione
naturale della carne
(premere in
te la senti e certo pensi
che in
niente più mi somiglia)
con i rami
più aperti, la corteccia
che si apre
al fusto
sui filati
pettinati della lana.
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