VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
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Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art


Calamus
Almanacco di poesia


Mary Barbara Tolusso

   
La mamma ha sempre ragione





La mamma ha sempre ragione

mia madre si arrabbia per come scrivo
e ogni volta che legge qualcosa
rimpiange il mio primo libro.
poi continua che le ho sempre procurato problemi
e che dovrei cercare marito.
io ci ho provato, le rispondo, a cercare marito.
allora attacca che deve essere per quel linguaggio
orribile che uso e non solo nelle poesie.
le spiego che agli uomini piace quel linguaggio orribile,
e anche a me.
mia madre è una donna pratica e questa è una grande qualità.
sei uscita con decine di uomini, ripete, mai nessuno
che andasse bene, eppure ho cercato
di educarti al meglio.
non è colpa sua,
sono uscita con decine di uomini
e sono stata educata al meglio.
secondo me, insiste, è perché scrivi poesie.
agli uomini non piacciono le persone che scrivono poesie.
ricapitolando mia madre pensa che non trovo marito
perché scrivo poesie.
non è una cosa seria, ripete, scrivere poesie.
hai ragione, rispondo
e neppure leggerle.

Tempismo esistenziale

in fondo è tutto qui
continuare a morire
mentre si vive all’insù di queste
cosce sollevate
continuare a vivere
mentre si guarda all’ingiù questa
poltiglia infilata da un ditale.
cader di bocca, sbattere le ali
su questa carne che pare incisa a metà
che inganna il tempo
fino a diventare identità.

La distanza

credevo di farla franca,
di incastrare bene il supporto con dita di gesso.
lei non sapeva nulla
– lui o lei… o lui o lei –
invece, mi vedi,
distesa come un’idiota
mentre inciampo
sulla cassa dei tuoi denti,
quando sorridi e piangi
a me non vuoi più bene:
a un altro adesso pensi.

Sine titulo

I
Dovrei piangere qui, quando accendo l’idromassaggio,
sull’ossigeno soffocato dai liquidi.
Ma vedi, non immagino i morti, solo la sostanza,
la secrezione interna,
gli elementi del sangue, con imbarazzo,
i piedi stretti nella fascia bianca, vestito di tutto punto.
“Ma io non c’entro,
io non ho fatto niente…l’infarto… lo sa bene”
è troppo tardi per ricominciare,
o forse, tra qualche anno, sarò
una donna arrivata.
II
che vuoi che ti dica sotto
la coperta ruvida di un albergo a ore?
c’è tutto quello che abbiamo
immaginato e ora la camicia
rattrappita, la spalliera in legno,
l’orologio vicino a un riflettore
congeda la falsità
delle eccedenze, come fosse
possibile dire “può darsi”
“casomai” “forse un giorno” si potrebbe
tornare in viale XX settembre
e divenire quel che siamo.
III
incastrati a doppie
file lesionate sul ciglio della bocca
via Pacini, via Romagna fino a viale Gran Sasso,
sulla destra di piazza Piola
si direbbe che sia tutto compiuto, anche l’ordine
dell’incolonnato con raccomandazioni
che non servono a niente.
IV
quel che si vede è il massacro del giorno
l’ammasso incoerente degli accumuli.
ma dietro s’accampano cose,
quattro gambe di un letto,
il segnale luminoso di uno schermo,
la coesione naturale della carne
(premere in te la senti e certo pensi
che in niente più mi somiglia)
con i rami più aperti, la corteccia
che si apre al fusto
sui filati pettinati della lana.


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