Antiche
memorie
                  
                  
                  
                  
                  
                  
                  
                  
                  Il
dolore che porto negli occhi non è solo mio
                  possiede
antiche memorie
                  nella
mia terra gli alberi non si spogliano
                  ma
le persone, sì
                  sono
meno preparate
                  più
ingenue
                  e
le volpi non si incontrano nel quotidiano
                  mentre
beviamo il caffè.
                   
                  
                  Yanoá?
Le nuvole. Che nuvole sono queste, Yanoà?
                  La
pelle si disintegra, gli occhi cadono
                  pro
tutto torna selvatico, uccello
                  antica
immagine, turbamento di cristallo,
                  incubo
nella notte, luce che acceca
                  sguardo
spaventato, inchiodato nella sabbia:
                  milioni
di braccia invisibili si accendono.
                  Volto
trasformato, sua prima apparenza
                  Yacì
sta su uno dei lati del fiume
                  in
un bosco dove le piante sono venute dalle acque
                  La
nave arriva e ci porta con sé
                  Le
foglie si moltiplicano generose.
                  Sto
dentro o fuori le acque, non sento.
                  Una
lettera fluttua, con parole scritte,
                  la
tua immagine torna argentata
                  Operazione
devastatrice dei sogni
                  passerà
ancora per varie mutazioni
                  umano
è mortale fino alla consapevolezza.
                  Porta
l'universo intero in se stesso.
                  Un
giaguaro salta incantato forza assurda
                  moto
Forse viene da un remoto pianeta.
                  Non
sente rumori, pulsazioni dell'aria
                  Si
rinnovano generose, le foglie.
                   
                  
                  Erano
stelle che cadevano nel fiume,
                  erano
stelle: as vitórias régias. Io so - Yanoà pensa -
                  gli
animali non solo ma di natura tutto tiene un'anima,
                  un'anima
alata che il mondo lascia quando sogna.
                  E
lei sempre sogna ignoti luoghi.
                  «Yanoà,
Yanoà sveglia!
                  ché
gli uccelli portarti via possono sulle loro ali,
                  i
sogni distruggerti possono». Si svegliava
                  spaventata
dalle sue stesse grida.
                  Gli
uccelli vogliono strapparmi l'anima,
                  io
restare non voglio sola con i pensieri.
                  Il
suo volto s'illumina e i capelli spessi le scendono
                  lisci
sul viso rugoso, antico dai sogni scolpito e dal sole.
                  Un
giono Yanoà andrà con i suoi sogni,
                  andrà
con Yara nei fondi delle acque.
                  «Yanoà
vieni a giocare con me,
                  proteggimi
                  dai
pesci che governano le acque e le piante
                  cresciute
sul fondo del mare».
                  Tutto
il giorno i pesci vanno e vengono
                  fra
i tuoi lunghi capelli.
                  
                  
                  Il fiume l'uccello
le nuvole
                  
                   
                  Yanoà
è venuta a raccontarmi una storia, il suo sguardo
                  era
colmo di sé e dell'immensità del suo pensiero. Il pensiero
                  correva
e il fiume impetuoso l'ascoltava cullando la sua voce:
                  ripeteva
quello che aveva appreso dagli uccelli,
                  d'ogni
colore il meglio, l'idea allegra di vivere,
                  giorno
per giorno armonia cercando con il cosmo.
                  Yanoà
non distingueva fra pensieri e sapori.
                  La
luce entra tutte le mattine e filtrando i raggi
                  sul
letto in cui dormiva, i pensieri
                  le
accarezzava i capelli, gli occhi che dolce apriva.
                  Più
tardi quella luce che ora tenera l'avvolge
                  forte
l'abbaglierà. La casa di Yanoà
                  sulla
riva s'ergeva del fiume.
                  A
poco a poco, erano andati i figli,
                  rimasta
era con lei una delle figlie.
                  Tante
volte tentò perché la figlia andasse, prendesse la via.
                  Due
volte Yacì parve decisa, ma sempre era rimasta.
                  Diceva
che preferiva star lì: parlavano, si capivano.
                  Gli
altri figli venivano a portare Yanoà
                  nelle
loro case moderne
                  Entrava,
i figli guardava e i nipoti,
                  ma
subito tornava al suo mondo.
                  Era
prigioniera del fiume. Il fiume era più forte di lei
                  o
così forte era lei da vivere con il fiume.
                  Una
volta portò con sé una nipote. La fanciulla partì
                  e
dalle braccia sue s'allontanò piangendo.
                  (Tornerà,
il fiume la riporterà qui).
                   
                  
                  Non
odi le musiche che si spandono in alto?
                  Tutti
cantano e ballano senza fermarsi.
                  Invocano
la luna nuova.
                  Quattro
giorni di danza
                  con
il corpo dipinto di rosso vermiglio.
                  Per
la festa della luna
                  i
danzatori vanno nella casa delle Maschere,
                  si
travestono da animali e da tronchi d'albero.
                  Poi,
nella piazza del villaggio,
                  tutti
cantano e raccontano gli odi e gli amori.
                  
                  
                  
                  Prime
canzoni
                  canzoni
antiche
                  canzoni
di oggi e di sempre
                  nei
deserti del Nord vi sono lotte e sfide
                  nei
deserti del Nord non aspettare
                  la
mia rima
                  viene,
ma senza soluzione:
                  canzoni
del viandante
                  di
chi vive alla giornata
                  non
pensare a Yanoà la curandeira
                  che
a causa degli amuleti
                  può
ottenere ciò che vuole
                  
                  
                  
                  La
disfatta
                  è
l'ultima delle imposizioni
                  è
necessario che le umiliazioni
                  siano
nel nostro programma di vita?
                  che
ci sia polvere, si sa
                  l'altro
giorno nello spazzolarmi
                  ho
visto che avevo polvere accumulata
                       
nelle viscere
                  tele
di ragno tentano sbarrarmi il cammino
                  la
furia a volte può essere totale
                                   
in una tappa della vita
                  
                  
                  
                  I soli non muoiono ma si trasformano
                  ognuno
ritiene che il vivere stanca
                  figurarsi
l'eternità
                  prendere
la vita è come attraversare la strada
                  e
vedere che l'automobile che viene verso di noi
                  non
ci sta dicendo arrivederci
                  e
il nostro sorriso si smorza
                  come
archiviate carte
                  ingiallite
mature disposte a cadere
                  nelle
mie braccia perché io baci
                  la
tua bocca.