Maree
dell'Io, la poesia di Daniele Medici 
di Erminia
Passannanti
                  
                  AT. 
                  Canto
di 
periferia 
                  Febbraio 
                  
                  In
bilico 
                  Onde
Placide 
                  Cinghiale
                  
                  Oltre
il tuo
viso 
  
  
                  
                  AT.  
                  Come sei bella. 
                  
                  Con le tue
nebbie azzurrine  
                  il tuo buio
d’arancio  
                  che
lavora  
                  i tuoi
fiumi  
                  viaggi
lontani  
                  le tue
valli  
                  d’agnelli
docili  
                  e
rosso-codati  
                  cavalli 
                  
                  le tue
fosse  
                  cadute da cui
riemergi  
                  le tue piante
verdi  
                  il tuo rivo
Calore  
                  i tuoi semi
di sale  
                  le zolle
scure  
                  macchie sulla
pelle  
                  le spighe
d’orzo  
                  dei
desideri.  
                  Tu sei la terra.  
                  Fossi il mare che ti abbraccia  
                  la luna che ti guarda  
                  il sole che ti scalda.  
                  Come sei bella.  
                  Così imperfetta.  
                  Così imperfetta  
                  da poterti  
                  amare. 
  
  
                  Canto
di periferia 
                  Ed ora ascoltate con me 
                  
                  questo
dolcissimo canto  
                  che
proviene  
                  da remote
vastità  
                  vicoli
lontani  
                  spersi nei
meandri bui  
                  di
periferia.  
                  Note malinconiche 
                  
                  una voce di
donna  
                  diffonde
nella notte  
                  l’eco di
un’infelicità  
                  senza
luogo  
                  senza tempo
un po’ più
lontano  
                  il rumore del
mare.  
                  Questa voce giunge di là  
                  da quel vicolo buio di periferia  
                  dove oltre una siepe  
                  brilla solitaria una luce  
                  e una puttana  
                  per attirare i clienti  
                  suona il piano. 
  
                  Febbraio 
                  
                  Le onde che passano 
                  
                  si portano
velieri  
                  bottiglie
perdute  
                  asciugano in
spiaggia  
                  il sole
invernale  
                  fa reti di
sabbia.  
                  Non c’e' nessuno più con
te  
                  il cuore che
batte  
                  a fatica 
                  
                  ti senti
quasi cattivo  
                  e guardi
lontano  
                  il mare
buono  
                   il mare
dolce amaro  
                  il mare
calmo.  
                  Panni bianchi sulla veranda  
                  screpolata e gialla  
                  che affaccia il mare  
                  vorresti esser lì  
                  a guardar meglio  
                  le onde  
                  che portano i velieri  
                  rotolano le bottiglie  
                  vanno e passano la riva umida. 
  
  
                  In
bilico 
                  E' come un bimbo 
                  che ama il
mare 
                  ha più
di trent'anni ormai 
                  e seduto
sulla sponda 
                  tira ancora
sassi 
                  dentro
l'oceano 
                  e gli chiede
"chi sei? Chi sei?" 
                  chi sono?
dove sono? 
                  e il mare gli
risponde  
                  la voce delle
onde. 
                  E' come Colombo 
                  ama i gabbiani
                  
                  e sogna una
barca d'oro 
                  che navighi
solcando 
                  mari
scintillanti 
                  eccolo al
timone tutto solo 
                  aprire le nari
                  
                  e con gli
occhi infiniti cercare 
                  isole vergini
                  
                  da fecondare.
                  
                  E' come uomo 
                  col cuore
gonfio 
                  e il ventre
deluso 
                  una strada
d'asfalto gli scorre
alle spalle 
                  una strada da
oltre trent'anni
gli grida: 
                  "basta!
dentro! 
                  via polvere e
deserto!" 
                  ricordi le
voci? 
                  ricordi i
colori? 
                  spezzar le
catene 
                  a costo di
dolori. 
                  Adesso si alza 
                  raccoglie la giacca malandata 
                  poi rimane in piedi sospeso 
                  in bilico tra la strada e il
mare. 
  
                  Onde
Placide 
  
                  Onde placide 
                  distese
voluttuose 
                  nel silenzio
della risacca 
                  un sole rosa 
                  ormai non
c'e' più 
                  lontano
                  
                  lontano
                  
                  una voce
                  
                  e io mi sciolgo in quest'essenza
                  
                  mi perdo nel
leggero nulla 
                  che la stanchezza mi culla. 
  
  
                  Cinghiale 
                  Un cinghiale 
                  s'aggira
                  
                  tra le siepi
                  
                  in cerca di
Teresa 
                  un cinghiale 
                  si cinghia
                  
                  tra nevi
                  
                  in cerca di
Teresa 
                  un cinghiale 
                  e' la mia
anima 
                  il mio
folle  desiderio 
                  furioso
                  
                  per la cerca
                  
                  di Teresa
                  
                  Un giorno quel cinghiale 
                  ti troverà 
                  ti annuserà 
                  ti prenderà sul groppone 
                  portandoti a me 
                  trasformandomi 
                  in daino gentile. 
                   
                  
                  Oltre
il tuo viso 
                  Oltre il tuo viso 
                  i lunghi
silenzi 
                  gli inganni,
le disillusioni 
                  non c'e'
niente, non c'e' nulla? 
                  E' acqua amara la fonte
                  
                  a furia di
berne ne siamo amareggiati 
                  e camminiamo,
camminiamo 
                  un'intera
umanità in cammino 
                  occhi fissi e
passi stanchi 
                  senza mai
fermarci. 
                  Passano come lampi 
                  labbra di
corallo 
                  verdi prati
                  
                  capelli di
grano 
                  l'aprile dei
campi. 
                  E il mare ondeggia lontano.
                  
                   
                  
 
                  Maree
dell'Io, la poesia di Daniele Medici 
                   di
Erminia Passannanti
                  Daniele Medici e' stato un poeta
di rara ispirazione lirica. In un'epoca come la nostra svuotata di
significato
e spessore, la sua tensione a mantenere una relazione intima e
originaria
con i fenomeni del mondo naturale, come i tramonti ad ovest dietro il
profilo
buio della costa amalfitana, le maree, le nebbie, il crepuscolo delle
sere
settembrine,  appare struggente e insieme disperata, come segnata
da una irrimediabile malinconia. Egli non è solo poeta della
solitudine
esistenziale: piuttosto un idealsita che insegue, nella scrittura come
nel reale, una riconciliazione possibile con l’universo degli altri,
soprattutto
quello distante, muto e impenetrabile della donna amata, ammirata con
toni
elegiaci di tipo petrarchesco, e informati di una poetica, tutta
moderna,
del difetto: “Come sei bella (…) così imperfetta/ da poterti/
amare”
(A Teresa). Dotato, inoltre, di una sincera pulsione a trascendere l’Io
e a portarsi , con visioni limpide, quasi cristalline, oltre il proprio
orizzonte verso quello dell’ “altro da sé” , Daniele Medici ha
composto
versi densi di immagini solari di grande energia, che dilatano il dato
biografico verso significati più generosi e universali, come
nella
penultima stanza e nel commiato della poesia “Gabbiani” (Maree, 200)
che
recita: 
                  
                  Gabbiani 
                  Per me voi
siete 
                  Le camice
bianche della rivoluzione 
                  Le bianche
vele aperte all’orizzonte 
                  Di un mondo
antico e sempre nuovo 
                  
                  Che si rinnova 
                  E poi si
arresta 
                  Prende il volo
                  
                  E poi si ferma
                  
                  Lungo una
linea dritta e lunga 
                  Come il
vostro becco lunghe fa
crr-à. 
                  
                  Chi ha conosciuto Daniele Medici
ha avuto l'esperienza di imbattersi un'anima poetica di assoluta
compattezza
e determinazione.   La vicenda grave e penosa di questo
autore 
si e' conclusa nell'estate del 2000 con il suicidio. Ci preme
ricordarne
la biografia quanto l’opera poiché si ritiene che le tematiche e
il  valore stesso dei suoi testi  poetici siano strettamente
connessi al vissuto mentale e affettivo che ne ha deciso la tragica
sorte:
alle brevi e  intense gioie della percezione lirica,
all'immedesimazione
acuta con il paesaggio urbano, all'idillio della sua relazione
ininterrotta
con il mare e le spiagge sconfinate del litorale salernitano  e al
dolore della quotidiana lotta per la sopravvivenza. 
                  I versi di
Daniele Medici sembrano
venire di lontano, simili all'eco di narrazioni mitiche, trasportando
nel
presente il corpo e la memoria di un eroe che ha smarrito la strada e
si
scopre irrimediabilmente perduto in una dimensione urbana che a stento
riconosce e di cui tuttavia tenta una comprensione. Questa dimensione
straniata
e tuttavia intensamente lirica fanno dell'autore un poeta insieme
moderno
e antico. L'adozione di due forme distinte, quella epico-narrativa
delle
Libere poesie, caratterizzate da una vena autoironica d'ispirazione
dadaista,
in polemica contro l'establishment letterario e le istituzioni
politiche
della contemporaneità, e quella lirica, alla Neruda, di poesie
come
"Oltre il tuo viso" e "Sei svanita così", "Sera di settembre"
indicano
la versatilità di una  concezione materialista del mondo
che
non inibisce la magia dei fenomeni a cui assiste ne' quella semplice e
profonda delle sue espressioni verbali, come recita la seconda stanza
di
"Oltre il tuo viso", (in Maree, Ripostes, 2000): 
                  
                  E' acqua amara la fonte
                  
                  a furia di
berne ne siamo amareggiati 
                  e camminiamo,
camminiamo 
                  un'intera
umanità in cammino 
                  occhi fissi e
passi stanchi 
                  senza mai
fermarci. 
                  
                  Ricche di enunciati interpellativi,
una modalità personalissima del discorso di questo autore, le
poesie
di Daniele Medici hanno sempre dinanzi un interlocutore ideale, amico,
amante o rivale, chiamato a condividere i processi e le intenzioni
compositive.
Le frequenti personificazioni di gabbiani, cinghiali e cavalli, a cui
l’autore
fa ricorso, popolano di protagonisti e interpreti alla Fedro il teatro
narrativo delle Libere Poesie, presenze vive e parlanti con cui
l’autore
dialoga per elaborare un contenuto filosofico da attribuire al mondo.
L’allegorismo
dei testi in questione si pone come un sistema favolistico immanente
atto
a interpretare ciò che sembrerebbe, a tutti gli effetti,
incomprensibile
con il solo ausilio della ratio. 
                  Per queste
qualità umane
e liriche, si spera che la sua opera trovi, con il tempo, un meritato
posto
nella storia della poesia del secondo Novecento. Ha pubblicato il
poemetto
Oste, la mia coste...  con la casa editrice Enchiridion, Mestre,
1993
e quattro raccolte di poesie, Nettuniana, (Ripostes, Salerno-Roma,
1987),
Volo di gabbiano ferito (Enchiridion, Mestre 1995), e Libere Poesie,
(Salerno,
1996). Con la casa editrice Ripostes, e' stata pubblicata postuma 
la raccolta di liriche Maree, 2000. Vissuto a Salerno, si e' laureato
in
Sociologia presso la cattedra di Lettere e Filosofia della stessa
città.
                  
                  Si ringrazia
la casa editrice Ripostes
(Salerno) nella persona di Alessandro Tesauro per le poesie qui
pubblicate.