VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
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Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art


Calamus
Almanacco di poesia


Giacomo Leronni

   
 1. Marina
1. Marina

 
Il tuo fremito di spiaggia
mancava al pino cieco
rientrato in severa stagione.
Si apre il cammino il granchio
perso dalla corrente,
la luna pullula di abissi.
I magazzini assorti,
che i pescatori volgono
al cielo, paiono teschi:
sfibra il mattone
nella canicola di calce.
Ognuno vota i gabbiani.
E forse a me si guida
una nuova creazione
che ricovera attimi
fra le alghe,
fra ogni emozione capita
e già spesa.
da La vita reale
 

2. Introduzione al tramonto
 

A te chi prega
per discorsi
o scrosci di foresta
cede il paese,
sapore circondato
di case bianche:
un misto di nenie
che va per cortili
e sale il riposo
di una sera,
una sirena che spiega
la richiesta tregua
d'ogni mare, e sviene.
Così, come un circo
vendemmiato in montagna,
la mia pace:
così,
con l'erba nei canali
m'addormento,
fiore sulle vele.
 

3. Giglio
 

Ma come persa di là da un vetro
del crudo ricordo ripete il sisma
di stagioni di brezza la deiscenza
la tua mano di papavero scompare
fra di me petalo sonoro.
Non altro versi a questa schiuma
che io sono,, a questo coro
di veglie trasognate: ebbi
a non trascorse ore risposta
dal tuo sperduto silenzio
e sete conscia della luce
di questo nostro grembo infranto.
da La vita reale
 

4. Franare con la parsimonia
 

Franare con la parsimonia
degli echi
quando il sole è pane e parola
di noi bettole del silenzio
lasciarsi scioccare
dal muto lungometraggio
di questi sassi,
dal sapore di quanto mi dai
dal manto di cascata
di ciò che conservi
nel buio d'una intraprendenza
che è il tuo modo di ringraziare
di osannare il biancore di calce
dei visceri, d'implorare
del loro palpitante giudizio
il ritorno...
Questo è il mio maggio,
l'aprire.porte di desinenze sfitte
un velo come di sposa
che lambisce l'ambra di un risveglio
in cui tramontare
e placarsi...
 

5. Quasi un brandello di me a Iesolo Lido
 

E’ bastato scrivere, riscrivere, rivedersi
crescere leggero nella memoria
di un altro. 0 di un sopore indistinto
rea folgorazione condannata a scoria
forse per il compleanno d'una eternità.
Non tutto posso indossare, non tutto dirimere
tempestosamente avvertire o accusare,
il plagio è appena percettibile, la bambina
che sorteggio coi pensiero consenziente,
l'onda mi sostiene ma traballa la coscienza
falansterio della perplessità. Qui chiudo
un poco la mia mortale consunzione, chiedo
al penetrante refrigerio un nuovo élan vital
o la conferma umida che il cigolio della vita
non è la più giusta delle partenze...
da La visita
 

6. Scherzo (I)

(Con gli amici che forse non ho)
Concludere con una sconclusione di nessi
tramestare la giacitura in cui
abbiamo goduto più volte del meritato
riposo: è il minimo che possa usurpare
a quanti spesso hanno gettato
le loro mani fra le mie, citando
a memoria qualcosa delle loro vite
nella trasparenza dei polpastrelli.
Rifiatare, rifinire le ciacole per dirlo. Senza
strisciare fra i mille inghippi della verbosità
stendere l'anima ad asciugare
e trame nuova forza come da un candido
rimpatrio. Scansare ancora quei cigli
perturbati, le donne intente a guadagnare
una riconoscenza, una fioritura autunnale
nel pieno del plasma, del siero neonatale
sgualcito, vilipeso. E altri vocaboli e ulteriori
cantilene: un turno di sorveglianza
nell'angusta garitta, nella serica stanza
da cui il guantone dell'aria
ha rapito con sé dei miei anni i migliori
e li ha murati nella polveriera stellare
dei suoi inganni...

7. Scherzo (II)
 

Giudicare la vergogna. Questo il compito
del medico, questo l'assillo del poeta?
Curare lo spappolarsi del midollo, della creta
tenue di cui è fatta la verità l'empito
invitante d'ogni dolorosa vitalità.
Vibra appena il corpo in questa tensione
si ammansisce in una rettitudine
che vuol proporsi come oggettività.
E si muove, incurante delle epoche,
fra i pesi e le flessioni delle eresie
monetarie,- fra le sotterranee passioni
che affittano l'animo inquieto di ciascuno
e lo restituiscono scarabocchiato ai cari
dilemmi d'un tempo. Da un angolo all'altro
della città delle cellule, fra i soffi incontinenti
di orbite speranzose viaggia il medico:
poeta degli spazi nel vuoto del male.
Quei nuclei, quegli aliti ho contato
Dissolvendomi, distribuendo la vita
come un giocattolo nuovo scomposto per la gioia
d'infiniti bambini. Questo conta, l'opera.
Celata nel duttile ma supio della coscienza
essa, non l'operatore, merita clemenza....
da Testamento del medico
 

8. (Demenza senile)
 

An aged man is but a paltry thing,
A tattered coat upon a stick...
Un uomo anziano non è che cosa miserevole,
Una giacchetta sbrindellata su un bastone...
W. B. YEATS, Saffing to Byzantium II
Envejecer es un olor y un dolor al mismo tiempo.
Invecchiare è un osannante (putrido?)
rarefarsi, è raggiungere a tratti un palpito
dopo un'ininterrotta gita di fremiti.
In questo punto certamente nulla ha un senso:
piove da più parti un massacro d'organi,
si rincantuccia in un angolo l'abbagliante
corresponsione delle forze, gesticola in noi
un nuovo e più intenso oceano di cadute.
Unica pruderie rimastaci, il pensiero, pronto
a tendersi, a scoccare, a frugare nel paniere
delle verità. Fisso nella palude che c'investe,
sensibile e prudente verso ogni nuovo patois
sociologico, rigurgita volentieri la rima forzata
a propinarci primavere della terza età,
non s’appisola, guata senza volute di codardia
il centone di noi che traghettiamo al capolinea,
ci conquista meglio d'altri l'accorato patema
della carità...

9. Giuramento d’Ippocrate
(Per il disincanto)

Gewaltiges Sterben und singende Flamme im Herzen.
Immensa la morte, e la fiamma cantante nel cuore.
G. Trakl, Frúhling der Séele
No jures, porque todo juramento es un énfasis.
Non giurare, perché ogni giuramento è un'esagerazione.
J. L. Borges, Fragmentos de un evangelio apócrifo
Promettere agli infiniti giorni o all'unica notte?
Balbettare ciò che all'inizio non puoi sentire
o falsare il detto del fondatore nel mezzo del cammino?
E poi? A ritroso verso il meccanico biascicare
o incaponiti in avanti, fondi e mendaci proditores?
Certo la felicità è ignota a chi giura, certo sconosciuto
gli è l’assoluto, la perfezione in ogni dove,
il cronometro dei gesti che cadono a puntino
e estranea è la sua anima sulla terra (ah! Trakl,
Es íst die Séele ein Fremdès auf Erden).
Promettere ai corpi infiniti o all'antimateria,
al tempo o al suo contrario? Alla penombra, giurare,
meglio che allo straripante sole: che siamo ormai pronti
a verificare la parzialità, l'indecisione, la p
dell'infinitesimo, la cantilena della vita in mancanza
d'esistenze allo stato puro, l'inquinamento nelle frasi
e nei sogni, il terremoto in essi diuturno.
A questo ci consacriamo. In questo afferriamo per un attimo
l'instabile umanità: solo il provvisorio ci soccorre,
sbarra la strada all'uomo che fugge verso la cenere.
Stiano tranquilli i miei maestri: li rispetterò
per apostrofare il mio orgoglio, per mostrarmi degno
dell'esercizio dell'arte, per celare lo sconquasso
della coscienza. Stiano tranquilli e sappiano: niente
è immenso quanto il frammento. Praticare questa verità
è essere maestri. Per il resto nessuno può impedirci
di essere grandi, o di essere piccoli stupidi che lo pensano.
Facciano memoria, coloro che si affidano a me: serbare
la loro salute e il loro segreto sarà per me
una tentazione più forte delle altre. Facciano memoria:
non scordino che il loro male si moltiplica nel mio
e che la loro salute non può contagiarmi.
Sarò un fratello per i miei colleghi. Sarò un amico.
Sarò amante e sputacchiera: il panno sozzo sarò
che vincola le loro confessioni, che colleziona
le complicità e le ricicla, che le cerca e se ne compiace.
Spero soltanto che essi s'accorgano con dolore
di non essere peggiori di me. 19 mio paziente sarà
la mia ancora. Non la depositerò mi alcun porto,
perché l'unica giustizia sta nel non fermarsi,
sta nell'affrontare la tempesta in mare aperto:
cosa conta, allora, la sua razza, il suo partito,
la sua posizione sociale? Oltre la giustizia
che è sempre in cammino, oltre la verità che non giudica,
cosa conta, cosa può pretendere d'avere importanza?
Prometto con parola solenne che d'ora in poi accetterò
il concepimento e il concepito, la nascita e il nascituro:
procreare non è forse l'unica accortezza
che ci consente di preservare il dubbio, il dinamico dubbio
l'ombra che con discrezione rivela i passi al giusto?
Accetto il disincanto. Lo invoco, me ne impreziosisco.
Non accetto che si usi la mia sciente ignoranza,
non accetto che la mia vacua conoscenza s'ammanti
di ingordigia e di supponenza. Non accetto che la sofferenza
si propaghi per causa mia, se non all'interno di me stesso.
Faccio queste promesse con libertà ed efficacemente
le presento sotto l’egida del mio onore. Beati
comunque coloro che non hanno bisogno di promettere,
felice colui che s'appropinqua al telo, alla nera lavagna
e, pur sapendo che l'enigma gli è dinanzi, non si scompone;
felice chi s'arresta, chi rinuncia a ciò che di sé ristagna
al di là del velo che la pietà del creato gli antepone...

10. Attraversando

(La voce, il vuoto, la parola)
Ecco che giganteggia questa pausa
perché si è lasciata tentare, ma non è scesa
a compromesso. Palpita il silenzio,
ha palpitato come un'anima che vibra
al fracasso di una guerra improvvisa,
si è lasciato deglutire e riproporre
nuovo nell'ascolto, nuovo in me che ascoltavo.
Ora voi tutti che credete di zittire
e invece spezzate i vostri attimi
con il ludibrio. con la protervia di questi segni,
ecco che parlate, in realtà, e gridate anche
con quello che le vostre vite concedono
o conservano, in attesa che un bruto,
inconsapevolmente scelto, vi dipinga nello spazio
e lo attraversi con voi, immobile
nell'infinito balbettio della quiete...
da Stecche dell’immenso
 

11. Su una sopravvissuta soglia
 

Se spiccare un libro o un attimo dagli altri
- quasi a fame lanterna del vivere -
è dare se stessi non so. non spetta
a me cacciare a forza
alcuna pietruzza di senso nella luce
ma forse è cosi, ci si svena
aprendo gli occhi al mattino
ricevendo passivi il giorno
fra una piaga e l'altra
sorbendo ininterrotta sempre
la tisana dei ricordi, quando
dal suo decubito incede la sera
e la si afferra intrepidi
rigurgito venuto
chissà da dove a condensare
un firmamento chiaro
nel cavo della nostra ombra
che scade.
Trascorre con noi quanto diamo
o attinge muto una sua
impercettibile grazia, lontano
dai fragori, dalle petulanze
decorato di silenzio
su una sopravvissuta soglia?
Insinua il suo si la doglia
liquida che ci sposta
più in là col suo grembo lattescente,
cerca se stessa in una proiezione
che accorpa i crolli e le visioni
le parole percorse
e la mano che le chiede
nei suoi stremati abbandoni
e le ciglia sono lì
sono lì gli uccelli che il gelo non raffrena
e tu a mollo come gioia
nella tua pena,
tu fra i libri e i soli che sei di me
fra gli incroci dell'essere fatti
per un verso o per l'altro persona
a tessere pagine e pagine ancora
come prora di pazza vita che ti sfiora
che con tutte le sue dita ti perdona...
 

12. Inverno 11
 

Oh, ma quale quisquilia qui per le scale
sei tu la bilia o il chicco di sale
che stracco bisbiglia, non t'odono
cadono, rotolano, si rialzano, i più
salgono o scendono senza far danno
dove poi condurranno i gradini non so né
sanno. Ma tu sei lì quasi imperturbato, l'imperlato
della fronte ti rivela. cala la sera su di loro e su te.
A breve, non greve ragione a tutto questo mai non v'è.
Ma ve', la sorpresa è che sei durato il lampo
ingarbugliato d'un peccato, il tanto il poco
che importa, le porte hai udito sbattere
le lampade schioccare, tutto il falansterio
ministero o mysterium salutis sussultare
se chicco ti sciogli, se bilia ti frantumi
il tuo minuscolo tutto è già finito. E’ un rito?
Una capace bolgia per gli imbrogli di partito?
Mistero o ministero a te misero non lumi
che facciano chiaro oltre l'impiantito...
 

13. Inverno 13
 

Ma predicare e predire
predicare di fronte al mare, origliare
e dire di fanfare il fascino di lampare
il lascito e benedire poi - gli orinatoi
a due passi, rifiuti e scorie, due assi
corrose dal viaggio fra le onde - sonde
e incassi, resi sassi fra i sassi
salvo dire. eccettuato parlare di quelle
fanfare ritrovate ove il vate mancava
ove lavava la memoria l'ava ove
la moria discendeva e s'accendeva
il malproprio lume di quelle lampare
proprio di quelle, o vita, di quelle
ed io invaso a predicare, il gargarozzo
secco per la mestizia che imbecco o che
m'imbocca, in bocca il pozzo d'un panno
logoro che in danno mio fluiva come
stecco: era un becco in definitiva
posatosi sull'ara della cantica furtiva
su quella della giara alla deriva.
Il sale mi parve che ascoltasse, era
una stinta sera disossata non
lontano dal suo asse percepivo
lontana la frana del mio arrivo
lontana o piana, umana non nata
la mia nuova adulta bamibinata...
 

14. Antipoesia del millennio
 

Cresceva con gli amici
il dardo giustapposto della
tua emozione
la fredda epoca in cui consistevi
appariva una minutaglia
d'infime spore e destini tranciati
mentre le strade divelte
approssimate basivano per l'ansia
e il lutto.
Non ne avevano
gli amici concorde contezza
io stesso scivolando incappavo
incredulo in sguardi
di pietra feconda.
Un paese, attenti, è una diligenza
che fa 4dulto il passo della vita
e t'incapricci a fissarlo nudo
con qualche sera nel petto
fra vene e vento
lo ricordi come una menzogna
sottile, lo ritrovi nel latte
che intiepidisce il mattino
ma slitti se vuoi spiegare cos'è
quasi non ti sovviene il nome
che ti accoglie fresco ogni ora
perso fra storni straniti, perso
nel silenzio di pelle
dell'universo...


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